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Giù le mani dalla città

Mappatura partecipata e collettiva delle trasformazioni urbane e della gentrificazione a Milano

Giù le mani dalla città

Combattiamo gli speculatori che gentrificano Milano

Se a Milano gli affitti sono insostenibili è responsabilità e colpa di chi specula. La casa è un diritto, non una merce o un asset finanziario. Riprendiamoci gli spazi della città e attacchiamo insieme chi la rende invivibile.

Per approfondire: 

Il Cantiere (Centro Sociale) è entrato nelle mire di un gruppo di speculatori attivissimi nel mercato immobiliare del lusso in città. Negli ultimi mesi, con una serie di minacce e colpi bassi, come lo stacco della corrente elettrica, l’invio di avvertimenti tramite loschi figuri in tipico stile mafioso, l’offerta di mazzette alle attivisti per lasciare lo spazio, la nuova “proprietà” cerca di intimidire uno dei più longevi e attivi laboratori di alternativa politica e culturale in città e di interrompere i progetti che porta avanti ininterrottamente da ben 24 anni.

[Leggi qui!]

Sul valore delle attività promosse dal Cantiere e l’importanza di uno spazio di autonomia e autogestione delle giovani generazioni milanesi lasciamo la parola ad altre. Anzi, chiedete del Cantiere ad una qualsiasi persona che ha oggi tra i 14 e i 50 anni a Milano e sicuramente avrà un aneddoto strappacuore da condividere al riguardo. Il Cantiere è ed è stato uno spazio di crescita e sperimentazione per moltissime persone che l’hanno attraversato per un giorno, un’ora, oppure un decennio, che l’hanno amato, curato, e cambiato secondo le loro esigenze. In questo senso, il Cantiere è organico alla città, una “istituzione del comune” direbbe qualcuno. È come un linfonodo in cui scorre la vita della città, in particolare quella dei giovani, e dunque il nostro futuro collettivo.

Vorremmo concentrarci qui su chi questa esperienza potentissima la vorrebbe fermare, chiudere, e cancellare. Si tratta di che vede la città come un oggetto inanimato da cui estrarre profitto. La tattica di questi immobiliaristi che ci hanno preso di mira è acquistare a prezzo stracciato edifici che vengono generalmente definiti come “asset che presentano criticità” dal punto di vista della valorizzazione immobiliare. Ovvero stabili di piccola metratura, di cui bisogna cambiare la destinazione d’uso prima di poter realizzare appartamenti residenziali, oppure – come nel nostro caso – che sono una realtà viva, che va ammazzata prima di potersela mangiare. Ma solo i più feroci speculatori hanno cotanto ardire.

Per realizzare il massimo del profitto, la nuova “proprietà” abbatte i vecchi edifici (raramente ristruttura, con buona pace della sostenibilità ambientale) e costruisce appartamenti di lusso da vendere a prezzi stellari. In questo modo ripaga velocemente la piccola spesa iniziale e mette a segno un bel guadagno. Buon per loro. Ma cosa rimane a noi della nostra città?

Chi può permettersi questi appartamenti sono solo gli ultra ricchi o chi acquista immobili per investimento finanziario. Cioè gente che non abita realmente le case che possiede, che non costruisce comunità con i vicini di casa, che non va a fare la spesa dal fruttivendolo o esce a fare un giro al parco, che non contribuisce alla vitalità della città. L’unico ritorno che generano è alzare i valori immobiliari medi della zona e di conseguenza anche il prezzo di tutte le altre case. Con il risultato che Milano diventa sempre più inaccessibile per le persone con un reddito medio, figurarsi per i poveri!, e che sempre più famiglie si trovano costrette a cambiare casa perchè non possono più permettersi di pagare l’affitto, devono allontanarsi dai loro affetti e dalle loro abitudini, lasciando un altro spazio vuoto nella città. Una ennesima ferita al tessuto sociale che rende la città speciale, anzi: la città una città, fatta di relazioni e incontri.

Anche le tipologie architettoniche proposte da questi speculatori riflettono la completa introspezione e involuzione della società urbana a cui aspirano. Le operazioni immobiliari si caratterizzano per spazi completamente individualizzati, in cui trovare rifugio da un’esistenza presumibilmente non esattamente soddisfacente. Ogni progetto presenta “aree relax e wellness” in cui “riflettere e ricaricarsi avvolti da un’atmosfera emozionale e calmante” per “ridurre lo stress”. Addirittura in alcuni casi è prevista una “piscina privata in ogni appartamento”, “inserita all’interno del proprio giardino d’inverno”, così per essere sicuri di nascere e morire avidi e soli.

La retorica, veramente banale e di basso livello (vi mandiamo un copywriter! altro che “viaggio nella raffinatezza”), dei siti commerciali si concentra su concetti legati all esclusività: “Un club residenziale a 5 stelle”, “Il lusso ha un nuovo indirizzo di casa”,”Crediamo nel concetto di habitat come luogo proprio”. Chissà che cosa intendono con “concetto di habitat”, forse non l’hanno capito bene. Habitat è un’idea ecologica e sistemica di ambiente in cui un organismo vive e prospera in relazione con gli altri organismi, un ambiente che provvede accesso alle risorse in un senso ampio, naturali e sociali insieme. Vediamo invece qui interni asettici, isolati e isolanti, “cuciti su di te”, progetti definiti addirittura come dei “paesaggi domestici” in cui lo spazio della città è completamente schiacciato sul concetto di abitazione privata.

Questa non è un’idea di città, ne è l’antitesi. La città è il luogo dell’incrocio, del dibattito, dell’immeticciamento, il luogo in cui la società cambia ed evolve perchè ci si incontra tra diversi. La chiusura, esclusione e omologazione proposte dal “modello Milano” non ci stanno bene in città, ma hanno ormai raggiunto proporzioni che dovrebbero preoccupare tutte. Non si tratta purtroppo di un caso isolato, di un singolo speculatore, ma di un vero e proprio modello di sviluppo urbano, promosso e agevolato dalla lobby del real estate tanto quanto dall’amministrazione locale e nazionale.

Nelle trasformazioni dell’economia globale, le classi dirigenti urbane competono per attrarre investimenti di capitale sotto forma di costruzione, acquisto e valorizzazione di beni immobili o infrastrutture (questo in particolare attraverso i cosiddetti “grandi eventi”, vedi Expo 2015 e Olimpiadi 2026). Chi beneficia di questi investimenti è una parte sempre più ristretta della società che ha potere di controllare e gestire patrimoni immobiliari sempre più grandi, concentrati nelle mani di pochi. Per questo vediamo ormai chiaramente una crescente polarizzazione nella distribuzione della ricchezza.

Il Comune di Milano, invece di contrastare e creare alternative ad un sistema che schiaccia i suoi abitanti, alza la posta in gioco. Applica procedure molto blande per la concessione di permessi di costruire semplificati che implicano minori oneri di urbanizzazione a carico del costruttore e, nonostante abbia recentemente alzato la tassazione sugli interventi edilizi, restiamo comunque ai livelli più bassi d’Europa. Questo vuol dire che la collettività ci rimette: l’accumulazione di capitale immobiliare e finanziario è stata talmente facilitata a scapito dell’interesse collettivo che la procura accusa il Comune di abusivismo edilizio e di mancato gettito fiscale per un periodo di circa dieci anni (vedi inchiesta sull’urbanistica milanese).

La città è un’opera collettiva, è attrattiva perchè ha un valore d’uso, che si trova nel quotidiano, nelle sue peculiarità, nell’intreccio incessante e imprevedibile delle nostre vite in uno spazio comune. L’imposizione di scelte di sviluppo non condivise che danneggiano gli abitanti e la mancata redistribuzione dei proventi che derivano dallo sfruttamento della sua ricchezza sociale e culturale costringendo i ceti medi e poveri ad andarsene, semplicemente ammazzano la città. Gli spazi di alternativa politica e culturale come il Cantiere contrastano il “modello Milano” su più piani: co-costruiscono consapevolezza e dibattito sulle politiche urbane e su come impattano sugli abitanti; incarnano fisicamente un spazio in cui le logiche dominanti legate alla mercificazione, esclusione e razzismo sono sospese; praticano modelli solidali e collettivi di accesso ai diritti, alla casa, alla salute, alla socialità.

Se volete un rifugio termale in cui barricarvi da soli nel vostro lusso, forse non è una città che state cercando. Esclusività vuol dire escludere, tagliare fuori: non ci faremo tenere fuori dalla nostra stessa città! Siamo la città e senza di noi Milano muore.

L’unico cantiere che vogliamo, Centro Sociale Cantiere di Milano!

Sanzionata la sede di Coima: mostri del cemento

Giù le mani dalla città: affitti brevi e crisi abitativa

Sapevi che a Milano ci sono più di 14.000 case destinate solamente al mercato a breve termine? L’87% degli annunci su AirBnB riguarda un intero appartamento. Molti di questi poi sono gestiti da compagnie con decine o centinaia di annunci, veri speculatori professionisti. 

Il comune si ostina a dire che non ci sono soluzioni alla crisi abitativa… invece guardando i dati è chiarissimo.

Fermare gli affitti brevi! Requisire e asseggnare tutte le case vuote di gruppi immobiliari. Giù le mani dalla città!

Tutti gli appuntamenti pubblici della campagna #GiùLeManiDallaCittà

 

✋”Giu le mani dalla città” è un progetto di mappatura partecipata della gentrification e delle speculazioni edilizie sulla città di Milano.

🗺️Costruiremo insieme una mappa collettiva che ci permetta di conoscere il territorio che abitiamo, capirne insieme le trasformazioni e combattere i succhiasuolo del cemento e del mattone.

🏙️Vogliamo scrivere la storia di Milano, mettere anche noi “le mani sulla città”, perchè i quartieri siano di chi li vive, non di chi abbatte, distrugge, costruendo palazzi e case extra lusso, destinate a rimanere vuote.

📍Venerdì 20 giugno dalle ore 17:00 ci incontriamo per un workshop di ricerca e creazione della mappa.

La gentrification a Milano: mapparla per combatterla.

 

Incontro e laboratorio con CuraLab, Sex and the City e il progetto di inchiesta partecipata sulle speculazione edilizie del Cantiere.

Il Cantiere è finito nel mirino della speculazione edilizia: un altro pezzo di città che rischia di essere sottratto alla vita collettiva per diventare bene di lusso, investimento finanziario, spazio vuoto.

Non è un caso isolato. È un modello: quello promosso dal real estate e sostenuto dalle istituzioni, che trasforma Milano in una città per pochi, espellendo chi non può permettersela.

Chi può vivere in questi nuovi edifici?

Scopriamolo insieme Venerdì 30 Maggio