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La guerra globale permanente nel 2015 ha colpito Parigi. Certamente non solo Parigi, anzi il maggior numero di morti è stato in Siria, Iraq, Nigeria, Mali, Kurdistan con ordini di grandezza dei civili morti notevolmente superiori. Attentati sono avvenuti in Turchia e in Libano. E’ probabile però che l’operazione di cui il califfo può andare più soddisfatto sia quella compiuta in due tempi nella capitale francese ed è anche probabile che l’ultimo attentato sia il più gravido di conseguenze (nefaste). Il gioco della guerra globale permanente ormai lo abbiamo imparato a conoscere, ma non per questo sembra che siamo in grado di evitarlo.
Fondamentalisti religiosi o in alternativa sciovinisti ossessionati dalla conquista del mondo, massacratori di civili, , cinici calcolatori di alleanze convenienti e indegne… sono caratteristiche che vestono bene a quasi tutte le parti in conflitto. Lo si potrebbe dire di Erdogan, del califfo e dei reali sauditi, di Assad e Putin ma anche dei responsabili della politica militare della NATO da Bush a Hollande.
E’ adesso il tempo delle marce marziali. Non sappiamo prevedere se è arrivato il momento in cui spazzeranno via Daesh, un giocattolo molto costoso e pericoloso e che è sufficientemente fuori controllo da incendiare le capitali europee o se ancora una volta i sauditi (benzinai del mondo) e i Turchi (onorati membri della Nato) riusciranno a prolungare la vita del Califfo. Sappiamo però che in ciascuno di questi casi a morire sarà chi non ha deciso e chi non ha scelto. Chi avrebbe molte ragioni di dire Not In My Name rivolto ad ogni orrendo massacro.
Non sempre tuttavia le cose sono così semplici e frustranti come quando si scende in piazza in milioni per fermare i bombardieri che, noncuranti, sganciano il loro carico di morte. Ci si può trovare a battersi con le armi contro una guerra odiosa che ti arriva in casa come a Kobane e in tutto il Rojava, ci si può trovare in fuga su una barca precaria per salvare la vita e i propri cari per raggiungere l’Occidente (fabbrica di armi del mondo). Gli attentati di Parigi ci raccontano anche che ci si può trovare a combattere nelle nostre stesse metropoli contro il cinismo di chi utilizza le periferie come serbatoio di nuovi schiavi e chi le sfrutta per diffondere fondamentalismo religioso.
Non abbiamo e non proponiamo ricette semplici perché il potere che si dispiega con la guerra è crudele ma solido. Ma nessuno può impedirci di continuare a batterci e anche a dire alcune cose tanto complicate da realizzare quanto semplici da comprendere: smettere di innaffiare il mondo di armi prosciugherebbe molte delle guerre in corso, passare dalla logica dell’espropriazione delle risorse a nuove logiche più eque e sostenibili restituirebbe la terra al genere umano a cominciare da quelle regioni che sono rapinate da 200 anni, aprire le porte del Mediterraneo – #porteouverte come quella sera a Parigi – consentirebbe di cominciare a sbriciolare i muri di diffidenza e odio che qualcuno ha costruito tra chi vive nella vasta regione che si affaccia su questo mare.
Per contestualizzare proponiamo due articoli sul ruolo della Francia come esercito Nato e potenza ex-coloniale nel quadro della guerra globale permanente con l’obiettivo di controllare aree ricche di minerali e già colonizzate, in passato soprattutto in Africa (ma anche in Siria).
Fabrizio Gatti per l’Espresso: Africa dove bombarda Hollande
Raffaele Masto per il suo blog Buongiorno Africa: Il terrorismo, la Francia e l’Europa
Giuseppe Genna dal suo blog: Non in mio nome, signor Hollande
A proposito della complicità con Isis dei regnanti Saud dell’Arabia Saudita e del presidente-sultano Erdogan alla guida di una Turchia sempre più autoritaria. Soprattutto a proposito delle ragioni per cui questi due paesi continuano ad essere stretti alleati dell’Occidente e ricevuti con ogni onore (il G20 è stato in Turchia) mentre all’Onu tutti strombazzano dichiarazioni contro ISIS.
Giuliana Sgrena dal Manifesto, se gli alleati dell’Isis siamo noi
Almeno smettiamola con le chiachiere, Fulvio Saglione da Famiglia Cristiana
A proposito di quello che è successo in Siria dopo le primavere arabe e prima. Come hanno ucciso la rivoluzione nata in Tunisia a suon di bombe è un fattore chiave per capire quello che accade oggi in Medio Oriente; ma a sua volta per comprendere il 2011 bisogna sapere ciò che è accaduto in passato.
Da Giap il blog di Wu Ming: La guerra all’Isis, il ruolo del PKK e la zona autonoma del Rojava
Un video molto semplice ma efficace che ripercorre a grandi tappe e per parole chiave la storia dell’attuale Siria: #WhySyria
A questo proposito segnaliamo anche alcune fonti di informazione delle organizzazioni curde che rivendicano e costruiscono il confederalismo democratico: Uiki Onlus, RojavaReport
Per comprendere meglio il terrorismo, il suo rapporto con la guerra dispiegata ad alta intensità (in Africa e in Medio Oriente) e anche l’evoluzione delle reti di supporto dell’Isis
Dal Manifesto di Giuliano Battiston: La nuova strategia globale dell’Isis
Inoltre le analisi spesso intressanti e sempre originali di Aldo Giannuli sul suo blog
Da Euronomade, Girolamo De Michele: 10 tesi su politica della paura Isis e fascioleghismo
Proponiamo questi articoli che ci sono stati inviati:
Che cosa sta succedendo intorno a noi di Paolo Punx
13/11, gli attentati di Parigi e gli Hunger Games europei, di Alessandro Maggioni
Suggeriamo anche la lettura dei commenti a caldo di:
Giuseppe Genna; Judith Butler; Sandro Moiso per Carmilla; Judith Revel per Euronomade