Giugno, Luglio e Agosto sono i mesi centrali di Expo, la fiera mondiale su cibo e alimentazione. Se la crisi non va in vacanza, nemmeno moltissimi di noi possono permetterselo. “Girare il mondo” stando fermi, o meglio vagando per l’area dei padiglioni di Expo, come suggerisce la retorica del grande evento, è un palliativo che suona molto di presa per i fondelli (soprattutto quando i manager che vengono indagati ogni due per tre per corruzione di soldi per viaggiare ne hanno fin troppi e spesso sono i nostri!). La sfacciataggine è doppia se si pensa che il modello Expo non farà certo distrarre dal caldo la sua frenetica corsa verso nuove frontiere di speculazione, normazione, sfruttamento, miseria e povertà; semmai siamo noi che dovremo stare ancora più attenti del solito a non farci fregare ulteriormente, come spesso cercano di fare approfittando degli ombrelloni (un tentativo è palesemente in atto con la riforma de #Labuonascuola). In queste settimane abbiamo visto cosa significa dire che Expo è il dispositivo di un sistema che distrugge mano a mano i diritti di tutti in favore di sempre nuovi profitti per pochi, un esempio paradigmatico è quello della “grande opportunità di lavoro”: I contratti del cosiddetto volontariato, o meglio, del lavoro non pagato, hanno fatto da apripista all’approvazione del JobAact, peccato però che ora decine di lavoratori assunti per lavorare ai padiglioni si siano visti negare da un giorno con l’altro il pass di accesso alla Fiera, perdendo di fatto il posto, solo per un parere della questura, che colpisce chi semplicemente è ritenuto una persona potenzialmente problematica, che in passato magari ha partecipato a qualche corteo o ha espresso la propria opinione e che magari potrebbe dire qualcosa quando muoiono due operai assunti in nero per la vergogna delle condizioni di sicurezza a proposito dei quali i giornali riportano solo di un “incidente in Lombardia”. Questa non è altro che la prima applicazione di massa del JobsAct, che elimina la necessità di giusta causa per il licenziamento. Peraltro questa vera e propria lista di proscrizione finalizzata a stigmatizzare le opinioni trova precedenti soltanto negli anni più bui del regime fascista e fa perfettamente il paio con il divieto per gli studenti di entrare ai padiglioni con magliette dal contenuto politico, con l’accusa di disfattismo per gli artisti che prendono parola contro il governo o la criminalizzazione permanente di qualsiasi forma di dissenso. In nome del “non possiamo fare brutta figura” (ma chi poi?!?), si moltiplicano nella Milano di Expo gli appelli alla partecipazione, dai volontari-schiavi alle spugnette. Ovviamente l’attivazione che i vari Pisapia, Maroni o Sala cercano è quella docile e servizievole per far guadagnare la casta o per scattarsi selfie elettorali, distraendo peraltro l’attenzione dell’opinione pubblica dalle loro magagne con mafia e ogni altro malaffare.Il centro deve essere lindo e ci si scandalizza per un fenomeno sociale decennale come il writing, quando vengono stanziati milioni per gli street artists disposti a cammuffare i cantieri rimasti inconclusi. I quartieri periferici, popolari o semplicemente abitati da persone in carne ed ossa anzichè attraversati dai flussi della pubblicità e della finanza, sono abbandonati al degrado e usati come prede da spolpare per speculare sull’edilizia e sugli appalti. Parlano di “sviluppo sostenibile” e di “nutrire il pianeta”, ma Milano è sempre più tossica e nociva, dalla sua aria alla sua acqua e il cibo che vi si trova (portato dalle multinazionali sponsor di Expo) è junk o costosissimo. In questo quadro, che qualcuno riesca a fuggire al mare o in montagna per qualche tempo o che qualcun altro rimanga incastrato tra cemento e smog, il punto è che abbiamo tutti bisogno di prendere ossigeno. I mesi centrali di Expo vedranno anche e soprattutto una calda estate #AlterExpo, fatta di proposte di socialità e alternativa culturale nella metropoli e nei suoi spazi liberati, alimentata dai mercati contadini e dalle reti di logistica alternativa per connettere campagna e città, costruita dai progetti di riqualificazione dei quartieri in cui viviamo e dalle attività delle scuole di italiano, delle università e delle palestre popolari, animata dalla solidarietà attiva, dal mutuo soccorso, da tutti i territori resistenti e da tutta la milano che ama la libertà. Invitiamo tutti a costruire con noi le astronavi per altri mondi possibili fuori dal neoliberismo e dal modello di Expo, a immaginarsi assieme strutture di mutuo soccorso in grado di rappresentare prospettive degne per centinaia e centinaia di persone in questi tempi difficili, a godersi “un’estate altrove” anche qui a Milano. Let’s make our Expo!