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“Noi invitiamo tutti i marziani a riprendersi la loro identità di diversi!

Non nascondetevi più, uscite allo scoperto, fatevi riconoscere!

Siate uniti, coraggiosi, animosi, spaventosi, laboriosi e spiritosi!

Ricostruite le vostre astronavi!”

ad Antonio Caronia

 

 

 

 

PRISM non è un problema (solo) di privacy!

Se vi state chiedendo perchè chiunque, che sia un attivista oppure no, qualsiasi sia la sua età, che le tecnologie gli interessino o meno è invitato a partecipare a Cyber*Resistance proviamo a spiegarvelo.

Il caso del DataGate spopola su tutti i giornali: milioni di telefonate intercettate, utenti tenuti sotto controllo in tutto il mondo e soprattutto tonnellate di dati immagazzinati. Tutta colpa di Obama e dell’NSA? In gran parte si, non è da tutti avere a disposizione strumentazioni tanto sofisticate e costose, nè il potere politico degli US.

Ma dobbiamo capire insieme alcune cose. Non ci stanno solo spiando, ci stanno rubando ogni autonomia di calcolo, di risorse, di sistema: i giganti della semplicità come Apple e Google si assicurano guadagni da capogiro somministrandoci un computing che di calcolo non ha un bel niente, una tecnologia ovunque dovunque e su qualunque dispositivo, semplice e rapida, che non richiede nessuna conoscenza del mezzo, ma solo un uso passivo del device e una navigazione affluente, accompagnata. In cambio di servizi comodi, interfacce affascinanti e devices dal design accattivante noi gli regaliamo i nostri dati: in poche parole, siamo parte attiva del monitoraggio di dati e metadati. Ecco ad esempio perchè Facebook è gratis e lo sara sempre.

Ovviamente, nessuno legge quotidianamente le nostre conversazioni. Il punto non è questo, o almeno non solo. Governi e corporation non si accontentano di avere accesso quando vogliono alle informazioni che invii, o alle telefonate che fai: immagazzinano la tua vita, le tue relazioni, ciò che più ti piace, perfino i tuoi sentimenti. Questo vuol dire almeno due cose: 1) una montagna di denaro per chi grazie alla possibilità di analizzare tutte queste informazioni è in grado di lanciare i migliori prodotti sul mercato, anticipare le tendenze di moda e via dicendo 2) il potere di tenere sotto controllo gli utenti worldwide: tu non ti ricordi certo che cos’hai cercato il 9 marzo di 2 anni fa alle 14.30 ma Google certamente lo sa. La violazione della privacy oggi è definitivamente la norma. O meglio, la privacy non esiste più da un pezzo.

Ecco perchè il DATAGATE e PRISM non devono essere letti (solo) come un problema di privacy, ma vanno compresi nei termini di controllo sulle capacità del lavoro e della mente umana: il capitalismo 2.0 si nutre grazie al rintracciamento del potenziale comportamento produttivo economico e consumativo di milioni di utenti produttori-consumatori pronti a farsi spennare di informazioni e di idee mentre continuano a oliare per bene gli ingranaggi del sistema e a essere parte docile e attiva di un sistema distribuito di sorveglianza globale. Gli utenti fanno di tutto per aiutare lettura dati aggregati: urliamo ai quattro venti cosa ci piace e cosa no, mettiamo nero su bianco le nostre emozioni e le nostre idee, mappiamo per loro le nostre reti di relazioni.

Ipotizziamo che improvvisamente qualunque utente in ogni angolo del globo cominciasse a cifrare le proprie comunicazioni o immaginiamo di vincere la battaglia per la tutela della privacy e la sicurezza delle comunicazioni da sguardi indiscreti: sarebbe sufficiente? La risposta, probabilmente, è no.

Agire l’utopia

E’ estremamente difficile oggi parlare di futuro: certamente non è qualcosa che ha a che fare con il piano della realtà, ma con la dimensione del desiderio e dell’immaginario. Il neoliberismo e la sua crisi ci hanno tolto persino la sicurezza del presente, e governi e corporation si sono arraffati la nostra capacità immaginativa.

Nell’epoca contemporanea totalmente interconnessa, è proprio dal dialogo e dalle conversazioni che fuoriesce l’innovazione, e proprio per questo PRISM è pericoloso. Avere dati e metadati significa poter osservare tensioni e orientamenti e poi sulla base di questo costruire visioni di futuri possibili: inutile sottolineare quanto sia prezioso oggi avere una (pre)visione di futuro. Chi studia il futuro lo fa identificando mappando e descrivendo futuri alternativi, con una raccolta qualitativa e quantitativa di dati (e metadati) e informazioni che compongono possibilità probabilità e desiderabilità del cambiamento. Una potenza enorme nelle mani sbagliate.

Media e linguaggi non sono mai neutrali e questo la cosiddetta società biomediatica ce lo sta schiaffando proprio sotto gli occhi. Tecnologia ovunque e duvunque che non richiede alcuna conoscenza del mezzo da una parte, e dall’altra i giardini recintati del web 2.0 dove la partecipazione è un’illusione e diversità e anomalia vengono inglobate. La rete è un territorio che brulica delle relazioni più disparate ma senza un vero e proprio ritorno affettivo, senza corporeità. Il modello neoliberista pretende individualismo e competizione; amicizie e relazioni si trasformano in automatismo informatico: media, devices, e supporti di ogni tipo sono un’estensione del nostro corpo, modificano il nostro corpo, penetrano la nostra mente, o meglio modellano la nostrà capacità percettiva e immaginativa generando schiere di individui uniformati, solitari e depressi.

Cosa possiamo fare? Di certo, non possiamo impedire a tutti di comprare iphone nonostante tutti i discorsi giusti che possiamo fare sul software libero, nè lamentarci sconsolati quando fuori dai megastore ci sono code chilometriche e risse per accapparrarsi per primi i tablet di ultima generazione. Però se c’è una crisi che possiamo fermare è la crisi dell’immaginazione. Dobbiamo riappropriarci delle nostre capacità immaginative, dotarci di strutture di condivisione autonome dei saperi… ricominciare a co-creare un futuro. Progettare strategie sul piano dell’immaginario non significa abbandonare il piano materialista di riconquista di bisogni materiali intorno al quale da qualche anno ormai in tutto il mondo esplodono insurrezioni contro il modello neoliberista: bisogna sconfiggere l’assunto per cui in nome della finanza i tecnici del sacrificio provano a convincerci che “non c’è alternativa” di fronte alla crisi se non le loro ricette di austerity e controllo e tornare a immaginare un altro futuro, o meglio altri futuri. Altri mondi possibili.

Corpi e tecnologia sono tutt’uno, che lo vogliamo o no; è qui che rischiamo di perdere la partita, ed è già troppo tardi per accorgersene: virtualizzazione e solitudine, precarietà e insoddisfazione, sono una miscela pericolosa. Un discorso partigiano sull’uso della tecnologia e dei social media IRL è quanto mai necessario, forse dovremmo ritornare ad aprire gli hacklab, spazi dove il corpo e l’incontro tornano a essere al centro anche quando si pratica hacktivismo. Per fortuna le macchine non sono in grado di leggere le emozioni nonostante tutte le analisi del sentimento che possono fare, governi e corporation non riescono a prevedere fino in fondo cosa succederà dall’incontro tra una e l’altra persona nonostante le più sofisticate strumentazioni di lettura dei dati aggregati.

Le connessioni umane sono imprevedibili, e questo gioca a nostro favore. Tecnologia e comunicazione non possono rimanere qualcosa “per gli addetti ai lavori”, dobbiamo mettere in campo processi di socializzazione di saperi e di competenze, dotarci di strumenti di autodifesa da sorveglianza e controllo. Tornare a mettere al centro i corpi per mettere le mani nella tecnologia, manipolarla, e sottrarre al potere linguaggi e immaginario. E’ ora di agire l’utopia e ricostruire le nostre astronavi.

@Cyb_Res crew

 

 

 

4 cose che possiamo fare nell’immediato e di cui parleremo a cyb*res

>> cifrare le comunicazioni! anonimizzarsi quando ci si connette! Proteggere i propri dati e i propri metadati!

>> cercare di capire come funzionano i mezzi che abbiamo in mano! hacktitude!

>> occupare spazi sociali! aprire hacklab!

>> liberare i saperi! lottare per la guerrilla open access!

 

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