Dal 1948 la Palestina è sotto occupazione militare.
Il regime d’Apartheid istaurato dallo Stato di Israele — che si auto-definisce la “democrazia del medio-oriente” — è supportato economicamente e politicamente della comunità internazionale, dei Paesi europei e degli Stati Uniti.
Un intero popolo ha subito e subisce un furto costante di terre, risorse, vite e libertà. A Gaza, i Palestinesi sono costretti a vivere in una vera e propria prigione a cielo aperto, inermi di fronte ai continui bombardamenti che li puniscono con la morte per la colpa di essere natə proprio in quell’angolo del mondo.
La voglia di riscatto e libertà che ha portato le persone di Gaza ad abbattere il filo filo spinato che delimita la loro prigione, legittima e illegale, non è riducibile alla sola Hamas. Le gazawi e i gazawi non hanno mai smesso di lottare per rompere l’assedio, e adesso lo hanno urlato al mondo a forza di ruspe e reti abbattute.
Noi rifiutiamo la retorica della guerra. Israele è la seconda potenza bellica al mondo, e produce e riproduce continuamente la violenza militare, utilizzata per giustificare uno stato etnico, religioso e autoritario. Il governo Netanyau è solo la più recente delle emanazioni storiche che hanno guidato questo scempio.
La stampa italiana utilizza due pesi e due misure per parlare di Palestina ed Israele: se le incursioni di Gaza nel territorio israeliano sono puro e semplice “terrorismo”, l’attacco della seconda potenza bellica mondiale che si spinge a colpire direttamente gli ospedali diventa una “legittima difesa”.
Noi rigettiamo completamente questa narrazione. É troppo facile guardare il dito e non la luna, troppo facile concentrarsi sulle conseguenze e non sulle cause.
Per quanto tempo le nostre “democrazie” hanno permesso le pratiche illegali — e, soprattutto, illegittime — del colonialismo israeliano? Quanti morti e quanto dolore ha prodotto quell’impuntita violenza?
Noi non intendiamo perseguire un’analisi geopolitica che si concentra sui legami tra Hamas e l’Iran o tra l’Israele e l’Arabia Saudita. Almeno adesso, pretendiamo che al centro del dibattito ci sia la Palestina e le voci dei palestinesi, Gaza e la voce dei Gazawi.
Sono le mani dello Stato di Israele ad essere sporche del sangue di tutti civili che si trovano coinvolti in questa escalation armata. É la complicità della comunità internazionale il responsabile della violenza di uno stato di occupazione e militarizzazione permanente.
Noi siamo dalla parte del popolo palestinese, che dal 1948 lotta per la propria Terra e la propria libertà.
Siamo dalla parte di chi in Israele si è rifiutato e continua a rifiutarsi di farsi arruolare in un sistema militare dilaniante.
Per tutte queste persone, sono adesso sono le ore più difficili.
Noi non rimarremo a guardare.
Perché finisca la morte ed il dolore, devono finire le occupazione e l’apartheid.