Tre giorni fa una nuova strage nel Mediterraneo, più di 300 i morti: uomini, donne, bambini. Su tre barconi i sopravvissuti sono stati 9 in tutto. Su un altro a salvarsi sono stati 76. A salvarsi, poi, temporaneamente, visto che in Italia quello che li aspetta sono mesi in un CARA o, magari in un CIE, visto che qualcuno di loro potrebbe anche non ottenere lo status di rifugiato e quindi essere rispedito indietro.
Intanto, però, inizia il balletto nazionale delle dichiarazioni di premier, ministri e opposizioni: tutti si mostrano affranti, increduli, non disposti ad accettare, come dice Renzi, che “il Mediterraneo diventi un cimitero”. Ma la realtà è che il Mediterraneo un cimitero lo è già, visto che tra la Libia e la Sicilia, solo dal 2000 sono morte più di 8mila persone, e lo è grazie alle politiche di respingimento che la Fortezza Europa continua a mettere in atto: Triton, il nuovo programma di Frontex per il pattugliamento del mare e per l’eventuale soccorso dei barconi, costa 90 milioni all’anno, di fronte ai miliardi spesi negli ultimi decenni per costruire i muri a Ceuta e Melilla, o quelli dati a Grecia e Turchia per costruire una barriera che difendesse il confine sud-est dell’Europa, o ancora per finanziare la barriera tecnologica (a radar, sensori di rilevamento, forze militati) schierata tra Slovacchia e Ucraina. Un soccorso quello di Triton, che comunque risulta non essere la priorità della missione, stando alle dichiarazioni del portavoce dello stesso Commissario Migrazioni dell’UE, per il quale Triton svolge il ruolo di “pattugliamento dei confini”, una missione, quindi, ancora una volta a difesa della Fortezza e di cui le stragi sono solo danni collaterali della difesa del Vecchio Continente.
Allo stesso modo, assumono toni da farsa, se non si trattasse di tragedia, le dichiarazioni di Angelino Alfano, ministro dell’interno, per il quale “il problema è la Libia”: quella stessa Libia dove, sotto Gheddafi, i migranti venivano incarcerati, torturati, tenuti per mesi nei sotterranei di prigioni/CIE (costruite con i finanziamenti e la complicità dell’Italia e di Frontex) senza che mai vedessero la luce del sole, dove gli stupri erano all’ordine del giorno, e dove le espulsioni dal paese consistevano in vere e proprie deportazioni in mezzo al deserto, al confine con il Ciad, e dove i migranti venivano abbandonati con una bottiglietta d’acqua e un’indicazione a braccio della strada da percorrere, preda degli uomini della tratta. Ma allora ci andava bene, perché tutto avveniva lontano dalle nostre coste, i finanziamenti servivano a far fare il lavoro sporco a qualcun altro, così da non sollecitare le attenzioni dell’opinione pubblica. Poi le cose sono cambiate, alla Libia (alleata fino a 24h prima) si è deciso di far guerra, aprendo il paese al caos più totale, finanziando in chiave anti-Gheddafi i peggiori mercenari e signori della guerra e lasciando spazio alle milizie islamiste che oggi controllano metà del paese. E così i migranti “economici”, che si erano spostati in Libia in cerca di un lavoro o di un passaggio per l’Europa, donne e uomini che venivano dall’Africa Centrale o dal Corno d’Africa, si sono ritrovati ad essere ostaggi di guerra, profughi di un paese straniero, prigionieri in prigioni dove i diritti non esistono e dove, forse, riesce a uscire solo chi può pagare.
Dopo aver per anni sostenuto un trattato bilaterale che delegava la Libia a fare il lavoro sporco per l’Europa (così come con altri accordi bilaterali, altri paesi UE avevano delegato l’Egitto, la Tunisia, l’Algeria, il Marocco o la Turchia), dopo aver bombardato la Libia per settimane, ammazzato Gheddafi, distrutto ogni equilibrio interno, dopo che in tutta Europa l’accoglienza è stata trasformata in un magna magna per le cooperative e il terzo settore e in una detenzione per i migranti, dopo che le leggi europee sull’immigrazione rendono pressoché impossibile entrare nel Vecchio Continente a meno di non avere un lavoro regolare e un reddito (cosa sempre più difficile in tempi di crisi, per non dire a volte impossibile), dopo aver costruito muri e barriere lungo tutti i confini esterni dell’Unione, ecco che la frase “la Libia è il problema” suona come l’ennesimo discorso ipocrita di chi vuole negare che è colpa delle politiche migratorie europee che, a dispetto dei proclami e delle lacrime di coccodrillo, il Mediterraneo oggi è un cimitero e a meno che le cose non cambino le tombe sono solo destinate ad aumentare.
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Da Cronache di Ordinario Razzismo: Sbarchi, strage senza fine. Oltre 300 i morti. Unhcr: l’Europa intervenga.
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Da Diritti&Frontiere: Si aggrava la crisi libica. I miliziani diventano trafficanti. Per Alfano il problema è la Libia.
Da NenaNews: Libia, è emergenza umanitaria. L’ONU tenta un nuovo negoziato.
Dalle inchieste di Repubblica: Migranti, la guerra del Mediterraneo.