Questa frase semplicissima ha accompagnato molte mobilitazioni ed iniziative del Comitato Abitanti di San Siro dalla sua nascita nel 2009 ad oggi. Mai come durante questo autunno però si era dimostrata così attuale e pregnante. Nella città di Milano Aler, Comune e Regione, tutti a vario titolo responsabili, tengono vuoti 9.754 alloggi riscaldati, sigillati con una lastra, con i sanitari che vengono spaccati da Aler stessa per dissuadere dall’occuparli. Nel frattempo in questi 5 anni la crisi è esplosa e con essa l’emergenza abitativa della città. Sono 23mila i nuclei in graduatoria per l’assegnazione di casa popolare e 19mila le richieste di esecuzione di sfratto nel 2013. Se si contano le migliaia di metri cubi privati di spazi vuoti in città e si contano le case pubbliche che negli ultimi anni sono stati venduti, si comprende facilmente che le soluzioni all’emergenza abitativa ci sono, ma hanno “il difetto” di non essere redditizie per chi ha interessi di profitto e speculazione in città.
Questa frase nella sua semplicità mette a nudo l’assurdità delle politiche abitative che al posto di garantire i diritti del 99% difendono interessi e profitti dell’1%. Abitanti e Comitati si autorganizzano però ogni giorno dal basso per fare in modo che diventi realtà.
Milano, Dicembre 2014
Si è acceso il diamante della Diamond Tower e si abita già nel Bosco Verticale. Per Natale anche la Torre Isozaki ha illuminato a forma di abete i suoi 50 piani di finestre, mentre qualcuno quest’estate ha seguito dal balcone la finale dei mondiali proiettata sullo schermo scintillante di Casa Milan. Le grandi trasformazioni urbanistiche che hanno in parte cambiato il volto della città che entrava nel nuovo millennio volgono al termine o quasi. Expo 2015 è alle porte, con i suoi cantieri che rimarranno a metà. Isola, ultimo quartiere popolare del centro, è stato definitivamente cancellato, mentre alcune vie del Ticinese resistono strenuamente alla totale snaturalizzazione e mercificazione della zona. Porta Nuova, Portello, City Life: dove c’era da speculare s’è speculato; in questi luoghi si è cristallizzata la valorizzazione del capitale finanziario che in pochi anni ha fagocitato nelle sue logiche di rendita un gran numero di luoghi e spazi, storia e memoria della città.
Oggi vediamo nuovi tracciati e nuovi confini in corso di ridefinizione: le nuove linee del trasporto pubblico, che dovrebbero rappresentare una maggiore accessibilità alla mobilità e ai servizi per i cittadini, fanno presagire invece l’approdo, in aree prima inappetibili, degli squali che dalla cosiddetta rigenerazione urbana puntano a trarre grandi profitti, calpestando storie, diritti e sogni degli abitanti. La torta di Expo è ormai spartita e non ne restano neanche le briciole: è ormai tempo per la casta di affaristi e mafiosi di puntare a nuovi obiettivi, attraverso un sistema di favoreggiamenti e corruttele che pare non essere mai scalfito né delle azioni della magistratura né delle difficoltà della crisi.
E’ in questo contesto che si inserisce la spietata campagna mediatica che ha travolto i quartieri popolari negli ultimi mesi, fatta di un’informazione modellata a supporto degli interessi delle lobby dei poteri forti: al posto di trattare in un’ottica “costruttiva” le questioni problematiche che investono i quartieri popolari in tempi di crisi, prima su tutte l’emergenza abitativa, le principali testate giornalistiche (prima cittadine e poi nazionali) si sono accanite in un attacco devastante contro questo pezzo di città, un attacco utile solo a preparare il suo smantellamento. Questo incancrenimento mediatico non è né casuale né slegato dai processi di sviluppo della città che detta il mercato, unico attore decisionale del nostro tempo e a cui la Politica è totalmente asservita.
Non è tardato ad arrivare infatti il piano regionale di “risanamento” di Aler, che è più che altro un gigantesco piano di vendite: sono 6700 gli alloggi pubblici che vengono messi in vendita, con un prezzo medio stimato in 70 mila euro ciascuno, molto inferiore ai prezzi di mercato ma comunque inaccessibile alle famiglie che li abitano attualmente. Chi li comprerà questi alloggi? Forse le immobiliari oppure quelle stesse banche nelle cui casse finiranno i 66 milioni di euro destinati dalla Regione per appianare parte del gigantesco debito contratto dalla dirigenza di Aler?
Allo stesso modo il Piano Casa Lupi-Renzi di Aprile 2014, in particolare con l’articolo 3, accelera ulteriormente il processo di dismissione dell’Edilizia Residenziale Pubblica, proprio in un momento di vera e propria esplosione della richiesta, cancellando quasi definitivamente la possibilità di accedere in modo tutelato ad una casa a basso prezzo.
Queste politiche di speculazione e svendita, per potersi rendere attuabili, si abbinano indistricabilmente a provvedimenti che falcidiano la tutela dei diritti, in una vera è propria guerra ai poveri: ecco quindi la boutade dei 200 sgomberi alla settimana a Milano e l’articolo 5 del Piano Casa, che toglie il diritto alla residenza per chi occupa per necessità e la possibilità di attivare i contratti di acqua, luce e gas. La cecità e la violenza di queste proposte fanno ben intendere che il capitalismo finanziario non guarda in faccia nessuno all’infuori di se stesso, ed è pronto a spianare come un gigantesco carro armato i territori e le pratiche che non sono disposti a rendersi compatibili con i suoi progetti. Il dramma dello sgombero, ma soprattutto del vivere senza una casa, fino all’impossibilità di accedere a scuola e sanità perché non si ha la residenza sono incubi sempre più reali per centinaia di famiglie a Milano.
Ma non ci possiamo arrendere. Nei quartieri popolari si sviluppano e crescono ogni giorno di più numerose istanze di vivibilità e di dignità dell’Abitare, e ogni giorno di più queste istanze si tramutano in piccole azioni che dal basso provano a cambiare la realtà delle cose: dalla semplice solidarietà tra vicini di casa, a più complesse forme di mutuo soccorso che vedono l’attivazione di abitanti e associazioni in progetti di riqualificazione del vivere in questi luoghi per gli stessi abitanti. Dopo scuola e tempo famiglia, supporto legale, scuole di lingua, scambio di beni di prima necessità, socialità e informazione, difesa del diritto alla casa sono solo alcune delle esperienze di autorganizzazione e autogestione che si diffondono in questi contesti considerati poveri e marginali, ma per alcuni aspetti più ricchi e vitali di tanti altri pezzi di città, a partire dalla ricchezza data dalle differenze e dall’immeticciamento di decine di culture diverse che si intrecciano.
Questa è una resistenza al processo di gentrificazione che investirà San Siro come gli altri quartieri di Edilizia Residenziale Pubblica. Si tratta di un processo che, mascherato da portatore di benefici, mira solo a consegnare agli speculatori nuovi terreni di conquista e di rendita, senza nessun miglioramento di vita per la popolazione che abita questi territori. Non offre spazio di crescita, riscatto, affermazione, risposta ai bisogni per gli abitanti del quartiere che vengono semplicemente spostati altrove, una mera migrazione coatta per chi ha minori strumenti sociali ed economici, che continua a trascinarsi dietro gli stessi problemi di sempre.
Ma quello che stiamo facendo è anche molto di più di una resistenza. Stiamo dimostrando con i fatti che un’alternativa a questo sistema non solo esiste, ma è già possibile, qui e ora, a partire da pratiche di autorganizzazione da parte di chi vive i territori. Stiamo costruendo un altro mondo dove la vita conta più della finanza: la posta in gioco di questi mesi è alta ed equivale alla possibilità per migliaia di persone e per le esperienze alternative di continuare ad esistere nel tessuto urbano.
Le nostre soluzioni all’emergenza abitativa
- blocco immediato di sfratti e sgomberi
- regolarizzazione di tutti gli occupanti per necessità, attuando l’ art. 34 comma 8 della Legge Regionale 27 del 2009 (recepita dal Comune di Milano già nel 2012)
- assegnazione immediata delle 9700 case popolari sfitte; utilizzo dei soldi derivanti dalla regolarizzazione degli occupanti per ristrutturare le case vuote che hanno bisogno di lavori (o in alternativa assegnare gli alloggi “in stato di fatto”, detraendo gradualmente le spese di ristrutturazione dagli affitti)
- blocco della svendita del patrimonio di edilizia residenziale pubblica (art. 3 del Piano Casa)
- riutilizzo delle migliaia di metri cubi sfitti nella nostra città, attuando anche piani di autorecupero e autocostruzione