FACEBOOK SUPPORTA LA GUERRA?
A cominciare da martedì centinaia di account Facebook di organizzazioni diverse tra loro sono stati oscurati. Facebook, monarca assoluto del suo universo parallelo, ne sta valutando la cancellazione. Presto è stato subito chiaro il legame tra queste pagine. Tutte hanno mostrato solidarietà esplicita al Rojava, oggetto da quasi dieci giorni di una invasione da parte dell’esercito turco.
Diverse iniziative sono state realizzate per chiedere conto a Facebook delle proprie responsabilità.
Viene da chiedersi perché Facebook si schieri così apertamente a favore della guerra di Erdogan e della pulizia etnica del popolo curdo.
Il ruolo istituzionale che queste grandi Corporation assumono è un problema di democrazia per la nostra società.
♦ Proprio per questo non possiamo snobbarle pensando di rinchiuderci in recinti sicuri di comunicazione tra cerchie consenzienti.
♦ Proprio per questo non possiamo ignorare le loro policy, le loro politiche, le loro scelte.
Sostenere una guerra che mira alla pulizia etnica della Siria del Nord è una scelta politica che viola qualunque senso di giustizia, ancora prima della costituzione.
♦ Denunciare questa vergogna non basta. Dobbiamo pretendere che Facebook operativamente smetta di censurare post contro genocidio turco e guerra criminale di Erdogan
E’ tanto importante, quanto una sfida utile e urgente, perché si tratta di conquistare per i curdi e per tutti coloro che sono vittime dell’invasione turca una legittimità su un canale di comunicazione che coinvolge quattro miliardi di persone.
Facebook non può evadere la domanda: siete pro o contro la guerra? Siete disposti a favorire un genocidio?
Costringere il più grande social network del mondo a rivedere la sua posizione compiacente (il suo accordo?) con il dittatore Erdogan è un modo concreto di aiutare Kobane.
Il consenso ad una guerra è ciò che la legittima, la battaglia parallela a quella condotta con le bombe si gioca su delegittimazione, disinformazione, censura e silenzio .. impedirglielo può aumentare l’agibilità, salvare la vita di persone che sono in pericolo ora.
Non si tratta di una battaglia “sull’etere” ma di una urgente necessità pratica: consentire alle opinioni pubbliche di esprimersi ed organizzarsi per fermare i massacri del Rojava, continuando a pretendere che i governi applichino embarghi assoluti alla vendita di armi (in particolare alla Turchia), sostenendo con campagne di supporto informativo ed economico le amministrazioni autonome del Nord e dell’Est della Siria.
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