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5 giorni fa il Presidente dell’Ecuador Lenin Moreno ha annunciato in rete nazionale, una serie di riforme economiche come parte dell’accordo con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), in cui elimina il sussidio ai combustibili, che potrebbe subire un incremento del 120% e riforme lavorative e tributarie, che colpiscono i lavoratori a beneficio delle grandi aziende.
Ricordiamo che Lenin Moreno vinse le elezioni nel 2017 con il programma della Rivoluzione Ciudadana. Dopo poche settimane, cominciò a distanziarsi da Rafael Correa e i suoi alleati che per 10 anni furono parte di un progetto politico che dava priorità alle necessità del popolo.
Moreno riconferma il suo tradimento, mettendo in Pratica il programma del governo neoliberista che perse alle votazioni, sicuro che una rivolta popolare fosse una cosa del passato e che la stampa sarebbe riuscita a imporre il proprio pensiero all’opinione pubblica.
Si sbagliò, il paese si ritrova nella peggior crisi dal 2005, ogni ora che passa i tumulti nel paese accrescono, né il decreto di eccezione è risuscito a fermare l’ira popolare, in pochi giorni ci sono già 700 detenuti, la stessa destra ha cominciato a distanziarsi da lui.
I mass media nazionali e internazionali, affermano che le proteste sono per la perdita di privilegi del settore dei trasporti e cercano di sviare l’attenzione accusando Rafael Correa e Nicolas Maduro di finanziare la grande mobilitazione del movimento indigeno, il quale comincia a entrare nella capitale Quito. Ciò che vive l’Ecuador è una crisi di rappresentanza, la società sente che il governo non sta agendo a beneficio del popolo, adesso che il discorso di odio verso suoi ex compagni é finito. Moreno non offre niente al paese, il lavoro si precarizza, i servizi pubblici giorno dopo giorno smettono di funzionare, non c’è una difesa della sovranità monetaria nè politica. Nella sua mediocrità, per riuscire ad amministrare, Moreno ha diviso lo Stato e ne ha assunto il ruolo secondario, ha retrocesso l’Ecuador all’epoca nefasta del 1999, anno del default bancario e della grande emigrazione, un periodo in cui lo Stato era sparito tra i gruppi dei grandi capitali, mezzi di comunicazione e l’ambasciata statunitense.
Le proteste in Ecuador non hanno bandiere politiche, né i sindacati dei trasporti né i sindacati dei lavoratori né le elite indigene, né lo stesso movimiento correista può rivendicare le grandi mobilitazioni popolari.
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