Africa One e Comitato per non dimenticare Abba e per fermare il razzismo, organizzano allo Spazio di Mutuo Soccorso un momento di confronto e testimonianza su ciò che accade da anni in Libia e nel Mare Mediterraneo.
Ore 19.00 Incontro pubblico: I confini e la libertà.
Testimonianze di persone scappate dai lager libici.
Testimonianze degli equipaggi di mare e di terra di Mediterranea (e di altre Ong).
Intervento di presentazione del collettivo Africa One.
Dalle 20.30
Cena tradizionale africana
Dalle 20.30
Spettacolo con artisti dal vivo e dj set con musica dall’Africa
Introduzione all’incontro
Oramai tutti lo sanno, anche se i governi europei continuano a negarlo: nel Mediterraneo tutti gli anni muoiono migliaia di persone. Cosa le spinge ad attraversare il mare si sa: la terribile prigionia nei campi in Libia, inimmaginabile per chi si muove dai propri paesi in cerca di un futuro. Cosa spinge queste persone a muoversi, di nuovo si sa, anche se se ne parla molto poco: sono le politiche neo-coloniali che sfruttano l’Africa, le sue risorse, la sua popolazione.
Questa volta parleremo della tragedia dei confini della fortezza Europa confrontandoci attraverso testimonianze reali: naufragi e salvataggi di vite umane, rivolte di prigionieri disarmati contro signori della guerra, fughe di massa, tutto dalla voce dei protagonisti che non escono da un film di avventura, ma sono persone che vivono in mezzo a noi, nelle metropoli o nelle campagne di questa Europa che finge di essersi lasciata la guerra alle spalle solo perché la esporta. Capiremo in questo modo, meglio di quanto possa spiegare qualunque analisi, perché confine significa guerra, perché la libertà delle persone non si può conciliare con i muri di filo spinato e perché fermare le armi e lasciare transitare liberamente chi fugge siano in fondo, una sola rivendicazione.
Introduction to the meeting
By now everyone knows, even if European governments continue to deny it: thousands of people die every year in the Mediterranean. What drives them to cross the sea is known: the terrible imprisonment in the camps in Libya, unimaginable for those who move from their own countries in search of a future. What drives these people to move, again we know, even if very little is talked about: it is the neo-colonial policies that exploit Africa, its resources, its population.
This time we will talk about the tragedy of the borders of fortress Europe confronting us through real testimonies: shipwrecks and rescues of human lives, revolts of unarmed prisoners against warlords, mass escapes, all from the voice of the protagonists who do not come out of an adventure film, but they are people who live among us, in the metropolises or in the countryside of this Europe that pretends to have left the war behind only because it exports it. We will understand in this way, better than any analysis can explain, why border means war, why the freedom of people cannot be reconciled with the walls of barbed wire and why stopping weapons and letting those who flee pass freely are at the bottom, a single claim.
Introduction à la réunion
Tout le monde le sait, même si les gouvernements européens continuent de le nier: des milliers de personnes meurent chaque année en Méditerranée. On sait ce qui les pousse à traverser la mer: la terrible incarcération dans les camps en Libye, inimaginable pour ceux qui quittent leur propre pays à la recherche d’un avenir. Nous savons à nouveau ce qui pousse ces personnes à se déplacer, même si l’on en parle très peu: c’est la politique néocoloniale qui exploite l’Afrique, ses ressources, sa population.
Cette fois, nous allons parler de la tragédie des frontières de l’Europe forteresse à laquelle nous sommes confrontés à travers de vrais témoignages: naufrages et sauvetages de vies humaines, révoltes de prisonniers non armés contre des seigneurs de la guerre, fuites massives, le tout de la voix des protagonistes qui ne sortent pas d’un film d’aventure, ce sont des gens qui vivent parmi nous, dans les métropoles ou dans les campagnes de cette Europe qui prétend avoir quitté la guerre uniquement parce qu’elle l’exporte. Nous comprendrons ainsi mieux que toute analyse ne peut expliquer, parce que frontière signifie guerre, parce que la liberté des personnes ne peut pas être réconciliée avec les murs de barbelés et parce que le fait d’arrêter des armes et de laisser passer ceux qui fuient librement est au fond, une revendication unique.