“Se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo”: lo sciopero femminista invade l’Italia.
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Per il terzo anno consecutivo lo sciopero femminista dell’8 marzo conquista le piazze di tutta Italia. Interruzioni dal lavoro, assemblee, azioni e cortei hanno composto una costellazione di pratiche e intrecciato le lotte dentro e fuori il mondo del lavoro.
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Abbiamo voluto dirlo in tutte le lingue che conosciamo, per fare arrivare il messaggio a tutta la Milano Meticcia, per urlarlo con tutte le donne che conosciamo, per parlare al mondo intero di quello che è un problema globale: il patriarcato!
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Torna lo sciopero globale femminista, a partire dalla chiamata delle donne argentine #NiUnaMenos.
Oltre 70 paesi si preparano a questo nuovo appuntamento e anche in Italia è #AgitazionePermanente!
A Milano ci prepariamo per due giornate di mobilitazione: 7 marzo – corteo studentesco + 8 Marzo, sciopero!
Non Una di Meno: l’8 marzo noi scioperiamo!
L’8 marzo, in ogni continente, al grido di «Non Una di Meno!» sarà sciopero femminista. Interrompiamo ogni attività lavorativa e di cura, formale o informale, gratuita o retribuita. Portiamo lo sciopero sui posti di lavoro e nelle case, nelle scuole e nelle università, negli ospedali e nelle piazze. Incrociamo le braccia e rifiutiamo i ruoli e le gerarchie di genere. Fermiamo la produzione e la riproduzione della società.
L’8 marzo noi scioperiamo! In Italia una donna su tre tra i 16 e i 70 anni è stata vittima della violenza di un uomo, quasi 7 milioni di donne hanno subito violenza fisica e sessuale, ogni anno vengono uccise circa 200 donne dal marito, dal fidanzato o da un ex. Un milione e 400 mila donne hanno subito violenza sessuale prima dei 16 anni di età. Un milione di donne ha subito stupri o tentati stupri. 420 mila donne hanno subito molestie e ricatti sessuali sul posto di lavoro. Meno della metà delle donne adulte è impiegata nel mercato del lavoro ufficiale, la discriminazione salariale va dal 20 al 40% a seconda delle professioni, un terzo delle lavoratrici lascia il lavoro a causa della maternità.
Lo sciopero è la risposta a tutte le forme di violenza che sistematicamente colpiscono le nostre vite, in famiglia, sui posti di lavoro, per strada, negli ospedali, nelle scuole, dentro e fuori i confini. Femminicidi. Stupri. Insulti e molestie per strada e sui posti di lavoro. Violenza domestica. Discriminazione e violenza sulle donne disabili. Il permesso di soggiorno condizionato al matrimonio. Infiniti ostacoli per accedere all’aborto. Pratiche mediche e psichiatriche violente sui nostri corpi e sulle nostre vite.
Precarietà che diventa doppio carico di lavoro e salari dimezzati. Un welfare ormai inesistente che si scarica sul lavoro di cura gratuito e sfruttato nell’impoverimento generale. Contro questa violenza strutturale, che nega la nostra libertà, noi scioperiamo! Scioperiamo in tutto il mondo contro l’ascesa delle destre reazionarie che stringono un patto patriarcale e razzista con il neoliberalismo. Chiamiamo chiunque rifiuti quest’alleanza a scioperare con noi l’8 marzo. Dal Brasile all’Ungheria, dall’Italia alla Polonia, le politiche contro donne, lesbiche, trans*, la difesa della famiglia e dell’ordine patriarcale, gli attacchi alla libertà di abortire vanno di pari passo con la guerra aperta contro persone migranti e rom. Patriarcato e razzismo sono armi di uno sfruttamento senza precedenti. Padri e padroni, governi e chiese, vogliono tutti «rimetterci a posto». Noi però al “nostro” posto non ci vogliamo stare e per questo l’8 marzo scioperiamo!
Scioperiamo perché rifiutiamo il disegno di legge Pillon su separazione e affido, che attacca le donne, strumentalizzando i figli. Combattiamo la legge Salvini, che impedisce la libertà e l’autodeterminazione delle migranti e dei migranti, mentre legittima la violenza razzista. Non sopportiamo gli attacchi all’«ideologia di genere», che nelle scuole e nelle università vogliono imporre l’ideologia patriarcale.
Denunciamo il finto «reddito di cittadinanza» su base familiare, che ci costringerà a rimanere povere e lavorare a qualsiasi condizione e sotto il controllo opprimente dello Stato. Rifiutiamo la finta flessibilità del congedo di maternità che continua a scaricare la cura dei figli solo sulle madri. Abbiamo invaso le piazze di ogni continente per reclamare la libertà di decidere delle nostre vite e sui nostri corpi, la libertà di muoverci, di autogestire le nostre relazioni al di fuori della famiglia tradizionale, per liberarci dal ricatto della precarietà. Rivendichiamo un reddito di autodeterminazione, un salario minimo europeo e un welfare universale. Vogliamo aborto libero sicuro e gratuito. Vogliamo autonomia e libertà di scelta sulle nostre vite, vogliamo ridistribuire il carico del lavoro di cura. Vogliamo essere libere di andare dove vogliamo senza avere paura, di muoverci e di restare contro la violenza razzista e istituzionale. Vogliamo un permesso di soggiorno europeo senza condizioni.
Queste parole d’ordine raccolgono la forza di un movimento globale.
L’8 marzo noi scioperiamo! Il movimento femminista globale ha dato nuova forza e significato alla parola sciopero, svuotata da anni di politiche sindacali concertative. Dobbiamo lottare perché chiunque possa scioperare indipendentemente dal tipo di contratto, nonostante il ricatto degli infiniti rinnovi e l’invisibilità del lavoro nero. Dobbiamo sostenerci a vicenda e stringere relazioni di solidarietà per realizzare lo sciopero dal lavoro di cura, che è ancora così difficile far riconoscere come lavoro. Invitiamo quindi tutti i sindacati a proclamare lo sciopero generale per il prossimo 8 marzo e a sostenere concretamente le delegate e lavoratrici che vogliono praticarlo, convocando le assemblee sindacali per organizzarlo e favorendo l’incontro tra lavoratrici e nodi territoriali di Non Una di Meno, nel rispetto dell’autonomia del movimento femminista. Lo sciopero è un’occasione unica per affermare la nostra forza e far sentire la nostra voce.
Con lo sciopero dei e dai generi pratichiamo la liberazione di tutte le soggettività e affermiamo il diritto all’autodeterminazione sui propri corpi contro le violenze, le patologizzazioni e psichiatrizzazioni imposte alle persone trans e intersex. Contro l’abilismo che discrimina le persone disabili rivendichiamo l’autodeterminazione e i desideri di tutti i soggetti. Con lo sciopero dei consumi e dai consumi riaffermiamo la nostra volontà di imporre un cambio di sistema che disegni un altro modo di vivere sulla terra alternativo alla guerra, alle colonizzazioni, allo sfruttamento della terra, dei territori e dei corpi umani e animali. Con lo sciopero dal lavoro produttivo e riproduttivo bloccheremo ogni ambito in cui si riproduce violenza economica, psicologica e fisica sulle donne. «Non una di meno» è il grido che esprime questa forza e questa voce.
Contro la violenza patriarcale e razzista della società neoliberale, lo sciopero femminista è la risposta. Scioperiamo per inventare un tempo nuovo. Se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo!
Ni Una Menos – Argentina: appello al mondo!
Pubblichiamo qui la traduzione in italiano dell’appello allo sciopero femminista 8M 2019 pubblicato da Ni una menos – Argentina
Anche quest’anno torniamo ad organizzarci per lo sciopero femminista in tutto il mondo. Noi scioperiamo: nelle case, nelle fiere, nelle fabbriche, nelle università e in tutti i luoghi di lavoro; nella foresta, nelle occupazioni di terre e nelle villas; nelle economie popolari e nei lavori precarizzati; nelle strade e nelle comunità, negli ospedali e nelle campagne. Scioperiamo ovunque e ampliamo ancora una volta lo sciopero: facciamo saltare le sue frontiere, inventiamo nuove geografie. Redifiniamo così i luoghi stessi dove si lavora e si produce valore. Riconosciamo e diamo dignità ai lavori storicamente resi invisibili, sfruttati e disprezzati: il lavoro riproduttivo, il lavoro comunitario, il lavoro migrante. Scioperiamo anche contro la famiglia etero-patriarcale e la reclusione domestica, contro lo sfruttamento delle nostre terre, contro l’abuso sessuale dei maschi nelle posizioni di potere, contro i femminicidi e i travesticidi, contro la criminalizzazione dei/delle migranti, contro la clandestinità dell’aborto, contro la giustizia patriarcale, contro l’impoverimento e l’indebitamento sistematico, contro l’assassino delle leader territoriali, contro i fanatismi religiosi e la moralizzazione dei nostri desideri. Perché scioperiamo contro le strutture e i mandati che rendono possibile la valorizzazione del capitale. Siamo riuscit* a comporre trasversalmente tutti questi sensi, tempi, spazi e pratiche dello sciopero perché ci siamo trasformat* in un movimento veramente anti-neoliberale, capace di bloccare e allo stesso tempo evidenziare tutte le violenze che oggi esige l’accumulazione capitalista. Il fascismo globale è una risposta a questo. Alla grandezza, alla radicalità e internazionalismo che abbiamo dispiegato come movimento femminista dalla molteplicità di femminismi. Sentiamo il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, enunciare come primo punto del suo programma il combattere la cosiddetta “ideologia gender” (concetto creato dalla Chiesa cattolica e manipolato dagli evangelismi attraverso le campagne #ConMisHijosNoTeMetas), dopo che questo paese ha sperimentato le sue più grandi mobilitazioni guidate dal movimento di donne, lesbiche, travestiti e trans per ripudiare la morte di Marielle Franco e per gridare #EleNão. Abbiamo visto questa stessa risposta fascista nel decreto Pillon a favore della famiglia eteronormata in Italia e nella vittoria dell’ultradestra nel sud della Spagna. Lo abbiamo visto nell’impunità del giudice della corte Kavanaugh negli Stati Uniti e nella crudeltà di Trump verso i migranti. Lo abbiamo visto in Argentina, dove il governo di Mauricio Macri non smette di imporre politiche neoliberali che si articolano in una criminalizzazione della protesta, persecuzione di dirigenti sociali come Milagro Sala, militarizzazione dei territori, oltre a incrementare la femminilizzazione della povertà e la precarizzazione di tutte le esistenze. Il fascismo legge la nostra forza. È impossibile affrontarlo moderando le rivendicazioni del movimento femminista. Il movimento femminista non è il cotillon di un’ONG, né è inoffensivo nei termini dei confronti politici, né può essere banalizzato come linguaggio di legittimazione per pratiche neoliberali. Non c’è opposizione all’urgenza della fame alla quale ci sottopone la crisi e la politica femminista. Crediamo, al contrario, che è il movimento femminista in tutta la sua diversità che ha politicizzato in un modo nuovo e radicale la crisi della riproduzione sociale come crisi allo stesso tempo di civiltà e della struttura patriarcale della società. Il movimento femminista ospita al suo interno organizzazioni diverse ed è per questo che è nelle lotte più pressanti del presente. Abbiamo visto i capi famiglia portare le pentole in piazza e mettere il loro corpo a denuncia dei tagli, dell’inflazione e del debito. Abbiamo visto le sindacaliste contestare le riforme del lavoro regressive. Abbiamo visto le donne indigene dell’Abya Yala promuovere la plurinazionalità dei nostri incontri fronte alla misoginia dei parlamentati che si credono rappresentanti della nazione. Abbiamo visto le ragazze che stanno in strada discutere su che cosa sono le violenze delle economie illegali. Abbiamo visto la stampa denunciare la macchina carceraria come luogo privilegiato dell’umiliazione. Abbiamo visto le donne delle villas prendere la parola in senato per reclamare l’aborto legale, sicuro e gratuito. Crediamo che il movimento femminista in tutta la sua diversità e attraverso lo strumento dello sciopero come processo politico di organizzazione trasversale, della marea verde, dell’insurrezione delle nuove generazioni, dell’ascolto collettivo delle denunce di abuso sessuale inteso come abuso di potere, delle genealogie ribelli che nutrono un’immaginazione radicale e di lotte contro l’estrattivismo e l’espropriazione delle risorse comuni, sta producendo qui e ora una nuova forma politica. Una politica che cambierà tutto. Una politica che mette in questione i privilegi in tutti i luoghi, che non protegge l’impunità, che non si accontenta di delegare le modifiche a esperti o soccorritori, e che non si sottomette a parlare nella lingua della vittimizzazione. Il movimento femminista è diventato una cassa di risonanza per tutti i conflitti sociali, tessendo alleanze che rompono le gerarchie patriarcali, costruendo complicità tra le lotte, elaborando nuove pratiche e linguaggi per l’emancipazione. Ecco perché, di fronte al fascismo neoliberale che vuole raddoppiare le sue violenze, scioperiamo. Scioperiamo perché ci muove il desiderio di rivoluzionare le nostre vite. Scioperiamo perché sappiamo che cadrà. Stiamo abbattendo il patriarcato dal basso. ¡Nos vemos en las calles! ¡Vivas, libres y desendeudadas nos queremos! (traduzione di Clara Mogno) Questo appello è stato pubblicato sulla pagina Facebook di Ni una menos – Argentina l’8 gennaio 2019