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GIOVEDì 20 DICEMBRE

H.18.30

@ CANTIERE, VIA MONTEROSA 84

INCONTRO PUBBLICO 

in collegamento con la Francia 

  • Teodoro – Paris 1 mobilisée contre Macron et la sélection (Parigi)
  • D.A.L. Droit Au Logement – rete per il diritto all’abitare (Parigi)
  • Comité Vérité et Justice pour Adama (Parigi)

In Francia è in corso un momento incredibile di mobilitazione generale, o meglio, generalizzata in maniera trasversale alla popolazione e pervasiva nello spazio e nel tempo delle città.

Gilet Jaunes, studenti medi e universitari, ferrovieri in lotta, reti ambientaliste e movimenti per i diritti sociali stanno paralizzando la Francia da settimane reinventando lo sciopero attraverso contraddizioni costituenti e congiunture potenti che hanno tutta la forza di una Rivolta trasversale alla popolazione, ai tempi e agli spazi delle città.

Macron è all’angolo: il discorso alla nazione in cui ha annunciato misure che fino a un mese fa avrebbe bollato di populismo insostenibile lo dimostrano. 

I movimenti non sembrano però disposti ad accontentarsi e hanno già annunciato “l’atto V”. Le prime importanti vittorie sono un segnale importante non solo alla casta, ma anche a tutte quelle persone in Francia, ma soprattutto in Italia, rassegnate alla logica del “meno peggio” e del “bisogna essere realisti”: esigere un altro mondo è possibile!

Ne parliamo con compagne e compagni dei movimenti parigini.


LEGGI IL NOSTRO CONTRIBUTO ALLA DISCUSSIONE:

CONTRADDIZIONI E CONGIUNTURE: LA RIVOLTA FRANCESE

In Francia è in corso un momento incredibile di mobilitazione generale, o meglio, generalizzata in maniera trasversale alla popolazione e pervasiva nello spazio e nel tempo delle città.

Il Paese è senza dubbio avvezzo a enormi mobilitazioni, in grado di mettere in seria difficoltà i governi. Nel 2005 fu la rivolta delle banlieu, espressione di una rabbia degna delle periferie, affamate ai margini della produzione e della riproduzione metropolitana, completamente escluse da ogni immaginario di prospettiva. Nel 2016 la Nuit Debout è stata un’esperienza molto potente di opposizione alla Loi Travail, che solo due anni fa aveva puntato il dito contro la complessità del sistema neoliberista, scrivendo a chiare lettere di non voler essere un movimento vertenziale, ma affermativo di un modello diverso e possibile. Tuttavia, il movimento più volte paragonato agli Indignandos di Spagna è stato a più riprese criticato per la difficoltà nel contaminare e di farsi contaminare dalle periferie e nel mettere al centro le istanze legate alle lotte antirazziste dei movimenti decoloniali.

Quello che abbiamo potuto vedere lo scorso sabato con i nostri occhi è qualcosa di ancora diverso. I gilet jaunes nascono in maniera spontanea da una petizione web contro l’aumento delle tasse sul carburante, ma prendono corpo nelle manifestazioni enormi e radicali che non si sono limitate al vertenzialismo su questo punto (la prova è che nulla si è fermato nè dopo la moratoria di Macron, nè tantomeno dopo il proclama alla nazione), ma hanno immediatamente saldato questa istanza con rivendicazioni sociali di base legate a lavoro e reddito, welfare e diritti sociali che non pare intenzionata ad accontentarsi. Parlando con alcuni gilet jaunes, ci è parsa lampante l’esasperazione nei confronti della casta titolare di ogni privilegio e dei suoi tentativi di arricchirsi a spese della popolazione. La percezione di Macron come uomo delle banche è ormai chiara. Molti commentatori si preoccupano di stabilire con chiarezza il posizionamento ideologico dei gilet, immaginati come corpo più o meno omogeneo. Siamo invece d’accordo con chi ne osserva la potenza spuria ed eterogenea di un movimento moltitudinario. Di fronte alla rabbia esplosa in tutta la Francia, non si possono trarre conclusioni dalla presenza di Le Pen piuttosto che di Melanchòn. Non si può pretendere o sperare che i modelli chiaramente delineati del sovranismo nazionalista e dell’estensione universale dei diritti contro gli ingranaggi della finanza neoliberista siano riscontrabili tout-court. L’unica cosa chiara a tutti è il rifiuto radicale del modello esistente, da qui in poi la sfida è aperta e nelle mani dei movimenti sociali esistenti sui territori.

Molti di questi, in primis quelli dei ferrovieri dal gilet arancione in lotta per le proprie condizioni di lavoro e quelli degli studenti di scuole e università, hanno saputo dar vita in questa fase a congiunture potenti.

Circa 400 scuole sono oggi occupate o in sciopero in Francia. Si battono per un’istruzione migliore e meno elitaria. La forza della generazione liceale ha terrorizzato i governanti al punto da aver indotto l’arroganza delle forze dell’ordine a costringere un’intera scuola in ginocchio con le mani sul capo evocando scenari di memoria cilena. La prevaricazione non è andata liscia e lo scandalo è stato così forte da obbligare lo stesso ministro dell’istruzione a condannare l’operato dei colleghi degli interni. Gli studenti hanno aperto una enorme contraddizione nella superficie di un potere già in difficoltà.

Le Università organizzano assemblee occupate e scioperi selvaggi ormai da giorni. Anche loro ce l’hanno con le tasse, ma in particolare pretendono il ritiro di una proposta che vorrebbe alzare il prezzo dello studio per chi non è cittadino europeo: una splendida lotta di solidarietà e un anticorpo partigiano fortissimo portato nelle piazze di questi giorni.

Gli attivisti per l’ambiente hanno organizzato sempre sabato scorso una enorme marcia per il clima nella capitale, collegata ad altre centinaia in tutto il mondo: diverse decine di migliaia di persone hanno attraversato Parigi dietro striscioni molto chiari: per combattere i cambiamenti climatici bisogna cambiare il sistema! Le rivendicazioni ecologiste potrebbero sembrare in netta contraddizione con quelle dei gilet jaunes, soprattutto perchè la tassa sul carburante è stata presentata in chiave ecologica con un improbabile tentativo di greenwashing governativo.

Avrà spiazzato le questure e le poltrone di Palazzo vedere la marcia per il clima aperta da due fila di persone con un gilet giallo. Contraddizioni? Forse, ma di quelle costituenti di cui si nutrono le rivoluzioni: Macron è ormai smascherato: la conversione ecologica non può pesare sulla pelle dei più poveri, che sicuramente inquinano meno della grande industria. Pagassero le corporations, non il padre di due figlie piccole che ieri in piazza urlava disperato di non sapere come festeggiare con loro il Natale, figuriamoci se il tragitto per il lavoro venisse a costare il doppio. Si preoccupassero di potenziare e ridurre il prezzo dei mezzi pubblici, non di condannare ulteriormente le persone a morire nel proprio brodo.

Sabato 8 dicembre Parigi aveva 3 appuntamenti principali: Gilet jaunes su Champs Elysées, studenti alla facoltà di Saint Lazare e la marcia per il clima a Nation. La volontà di unirsi è stata annunciata fin dalle prime ore della mattina. La polizia francese ha fatto di tutto per evitarlo, il boulevard del centro è stato completamente blindato e isolato, gli studenti caricati con gas e idranti e costretti a dividersi in decine di spezzoni che raccogliendo ognuno migliaia di partecipanti hanno attraversato e bloccato secondo itinerari improvvisati e imprevedibili tutta la città.

Nel pomeriggio la potenza delle lotte è confluita a Place de la République. Diversi gilet jaunes, gli spezzoni studenteschi e la marcia per il clima si sono uniti nella piazza. Tra di loro era evidente la presenza di parecchi gruppetti di ragazze e ragazzi di banlieu, abbiamo chiesto a molti di loro da dove venissero, ci hanno risposto da Saint Denis, da Aubervilliers e da diversi posti poco fuori Parigi.

Ecco: tutto questo fa paura. Studenti, movimenti di lotta per lavorare, ferrovieri e compagni con cui abbiamo parlato ci hanno detto in maniera chiara che i gilet jaunes sono riusciti ad aprire uno spazio politico incredibilmente potente, dando vita ad un’insurrezione dotata di capacità catalizzatrici, che va alimentata e tenuta lontana il più possibile dalle derive fasciste e reazionarie. Quella in corso però, è anche una fase in cui tutte le lotte sociali possono e devono crescere. Non tutti i presenti in Place de la République indossavano gilet gialli, ma a tutti era chiara la potenza del comune.

A differenza di tante giornate di movimento meno anomale, in cui la strada per la manifestazione è piena di persone intente a fare compere, chiacchierare cellulare, affannarsi lavorando, ieri Parigi era tutta in stato di agitazione. Mezzi di trasporto bloccati per motivi di ordine pubblico, ma nessuna macchina suona il clacson impaziente. Il tempo del neoliberismo sembrava quasi sospeso: le principali fonti di attrazione turistica di Parigi sono chiuse a pochi giorni da Natale, di turisti se ne vedono pochissimi, le sirene dei blindati creano un sottofondo acustico permanente, uomini in antisommossa sono schierati in ogni via e l’effetto è spettrale per la decisione del governo di bloccare decine di strade “per sicurezza”. Ma ovunque le persone affollano le strade e sono tutte li per lo stesso motivo: Macròndimissiòn. Camminando si incrociano di continuo persone con il gilet, con cartelli fatti a mano, veri e propri di spezzone in corteo selvaggio. Si capisce in pieno il senso dello slogan: riprendiamoci la città.

La differenza enorme delle pratiche, dalle bande musicali alle barricate in fiamme, fino alle forme più spontanee di “espropri” ai negozi di lusso messi in atto sia durante i cortei più partecipati che in momenti a sè stante, espressioni di rabbia e di volontà di riscatto da parte di chi è sempre stato condannato alla marginalità sociale ed economica, non sembra ad oggi intaccare la solidarietà interna ed esterna al movimento: i sondaggi danno il favore di oltre il 70% dei francesi alle mobilitazioni, mentre la popolarità di Macron sprofonda al 16%.

Sarà per questo che Macron ha deciso di annunciare alla nazione l’intenzione di varare leggi che fino a un mese fa sarebbero sembrate semplicemente impensabili e che lo stesso presidente avrebbe definito come non sostenibili, bollandole di populismo: aumento del salario minimo mensile, defiscalizzazione della tredicesima e delle ore di lavoro straordinario, diminuizione delle tasse dei pensionati in fascia di reddito minimo. 

Tuttavia il premier non ha detto una singola parola sulle rivendicazioni universitarie, studentesche o degli altri movimenti che hanno affollato le piazze in queste settimane. 

Certo, non è stata e non sarà una passeggiata. Sono una realtà le migliaia di arresti, i feriti anche gravissimi, il dispositivo poliziesco talmente potente da portare il ministro degli interni in persona su una Champs Elysées completamente tirata a lucido a pochissime ore dalle barricate e dal violento intervento delle forze dell’ordine.

Altrettanto sicuro, però, è l’atto V di mobilitazione annunciato per il prossimo sabato. Le prime importanti vittorie sono un segnale importante non solo alla casta, ma anche a tutte quelle persone in Francia, ma soprattutto in Italia, rassegnate alla logica del “meno peggio” e del “bisogna essere realisti”: esigere un altro mondo è possibile!

Macron Dègage, Que se vayan tod@s!

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