Non una di Meno significa non lasciare indietro nessun@. La liberazione è antirazzista
Le donne (senza nessun riduzionismo biologico) sono la minoranza meno minoranza della storia dell’umanità, perchè se è vero che sono minoranza dal punto di vista della condizione di subordinazione sotto praticamente tutti gli aspetti della vita è altrettanto vero che sono più di 3 miliardi e mezzo.
3 miliardi e mezzo in Europa, in Nord America, in Sud America, in Africa, in Asia, nel mondo Arabo. 3 miliardi in un mondo globalizzato, bombardato, affamato, in movimento e migrazione. 3 miliardi e mezzo tutt’altro che omogenei: c’è Angela Merkel che promuove affari con Erdogan per chiudere la rotta libica senza preoccuparsi del genocidio delle combattenti e del popolo curdo, Marin LePen che invita ad affondare i barconi e perfino Hilary Clinton che come ministra degli esteri della prima potenza militare e coloniale del mondo ha distrutto migliaia di vite e terre.
Ma queste sono parte dell’1% , poi ci siamo noi del 99%.
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Noi vogliamo la liberazione delle donne, ma anche e soprattutto la liberazione dalla guerra, noi lottiamo per la liberazione di genere, ma sappiamo bene che questa passa dalla complicità contro ogni forma di colonialismo, fondamentalismo e ordine patriarcale neoliberista.
Ci vogliono divise, pronte a sputarci in faccia giudizi stereotipati a vicenda, perennemente in competizione, o addirittura cameriere e badanti in casa delle più fortunate, magari senza contratto nè’ garanzie.
Non una di meno significa che non possiamo parlare di diritti finchè ci saranno le schiave della tratta umana che troppo spesso facciamo finta di non vedere o consideriamo “normali” sui marciapiedi italiani. Non possiamo parlare di diritti di cittadinanza finchè il reato di clandestinità imporrà il silenzio a migliaia di donne strette in una morsa tra abuso e rimpatrio. Non possiamo parlare di sicurezza fino a che il permesso di soggiorno sarà subordinato al contratto regolare di lavoro, a maggior ragione quando il jobs act ha spazzato via la giusta causa di licenziamento e i voucher si stanno affermando come modalità privilegiata di assunzione per tutti quanti. Non possiamo parlare di autonomia delle donne finchè i documenti saranno vincolati al ricongiungimento familiare: è assolutamente ipocrita, oltre tutto, quando sappiamo benissimo che in italia il 69,7% degli stupri è opera del partner.
Minniti inasprisce i rimpatri e si propone di chiudere le rotte migratorie e più in generale la nostra legislazione non contempla il diritto d’asilo per chi si sottrae alla violenza economica e di genere.
Nella lombardia governata dalla razzista lega nord troppo spesso non si trova traccia di un mediatore culturale negli ospedali, con conseguenze tragiche per le pazienti migranti. Nella milano governata dal PD del fertility day troppo frequentemente i centri di accoglienza sono caserme che limitano ulteriormente la libertà dei corpi e non esiste alcun tipo di assistenza legata alla violenza di genere.
Non è che le “indigene” se la passino molto meglio, considerando che anche con le nostre belle tessere sanitarie regionali abbiamo più probabilità di trovare un obiettore che un medico disposto a mettere in pratica il nostro diritto all’aborto o anche alla semplice assistenza in caso di complicazioni legate a gravidanze assistite: Valentina aveva più probabilità di essere lasciata moririe che curata dal primario di Catania visto che oltre il 70% dei dottori fa la stessa professione di fede. Non che una “cittadina italiana” non rischi di firmare le dimissioni in bianco pronte in caso di maternità al momento dell’assuzione.
Non esistono diritti solo per qualcuna e anche se fosse possibile sarebbe disgustoso.
Abbiamo voglia di uscire dalla crisi dell’immaginazione che attanaglia l’europa, in cui bigottismo e pink washing eteronormato inchiodano tutte e tutti a ruoli sterili e obiettivi effimeri in stile quote rosa. Le migrazioni ci offrono una straordinaria possibilità di espandere i nostri orizzonti, arricchire le nostre rivendicazioni: la terza ondata femminista globale viene dal sud america, il cuore pulsante della women’s march è radicato nelle esperienze afroamericane (non a caso il nome richama la marcia promossa da Martin Luter King). Dobbiamo mettere a valore le differenze non solo grazie a social network da un lato all’altro degli gli oceani, ma anche costruendo l’alleanza dei corpi dove siamo più vicine: la nostra liberazione è meticcia e solidale.
#weALLcandoit #siamomarea #nonunadimeno
Vogliamo distruggere la cultura della violenza attraverso la formazione!
8 marzo: corteo studentesco nello sciopero globale! #nonunadimeno
La marea è arrivata nelle scuole milanesi: assemblee #nonunadimeno!
8 PUNTI PER L'8 MARZO: scioperiamo perché
LA RISPOSTA ALLA VIOLENZA È L’AUTONOMIA DELLE DONNE
Scioperiamo contro la trasformazione dei centri antiviolenza in servizi assistenziali. I centri sono e devono rimanere spazi laici ed autonomi di donne, luoghi femministi che attivano processi di trasformazione culturale. Pretendiamo che nell’elaborazione di ogni iniziativa di contrasto alla violenza vengano coinvolti attivamente i centri antiviolenza.
SENZA EFFETTIVITÀ DEI DIRITTI NON C’È GIUSTIZIA NÉ LIBERTÀ PER LE DONNE
Scioperiamo perché vogliamo la piena applicazione della Convenzione di Istanbul contro ogni forma di violenza maschile contro le donne: dalla tratta di esseri umani, allo sfruttamento sessuale e lavorativo, dalla violenza psicologica, a quella fisica, dalle molestie sessuali, alla violenza perpetrata sul web e sui social media.
SUI NOSTRI CORPI, SULLA NOSTRA SALUTE E SUL NOSTRO PIACERE DECIDIAMO NOI
Scioperiamo perché vogliamo l’aborto libero, sicuro e gratuito e l’abolizione dell’obiezione di coscienza. Vogliamo il superamento del binarismo di genere, più autoformazione su contraccezione e malattie sessualmente trasmissibili e consultori aperti a esigenze e desideri di donne e soggettività LGBTQI, indipendentemente da condizioni materiali-fisiche, età e passaporto.
SE LE NOSTRE VITE NON VALGONO, SCIOPERIAMO!
Scioperiamo per rivendicare un reddito di autodeterminazione, per uscire da relazioni violente e per resistere al ricatto della precarietà, perché non accettiamo che ogni momento della nostra vita sia messo al lavoro, né che un’altra donna, spesso migrante, sia messa al lavoro nelle case e nella cura in cambio di sotto-salari e assenza di tutele.
VOGLIAMO ESSERE LIBERE DI MUOVERCI E DI RESTARE. CONTRO OGNI FRONTIERA: PERMESSO, ASILO, DIRITTI, CITTADINANZA E IUS SOLI
Scioperiamo contro la violenza delle frontiere, dei Centri di detenzione e delle deportazioni che ostacolano la libertà delle migranti.
VOGLIAMO DISTRUGGERE LA CULTURA DELLA VIOLENZA ATTRAVERSO LA FORMAZIONE
Scioperiamo affinché l’educazione alle differenze sia praticata dall’asilo nido all’università, per rendere la scuola pubblica un nodo cruciale per prevenire e contrastare la violenza maschile contro le donne e tutte le forme di violenza di genere.
VOGLIAMO FARE SPAZIO AI FEMMINISMI
Scioperiamo perché la violenza ed il sessismo sono elementi strutturali della società che non risparmiano neanche i nostri spazi e collettività.
RIFIUTIAMO I LINGUAGGI SESSISTI E MISOGINI
Scioperiamo contro l’immaginario mediatico misogino, sessista, razzista, che discrimina lesbiche, gay e trans. Rovesciamo la rappresentazione delle donne che subiscono violenza come vittime compiacenti e passive e la rappresentazione dei nostri corpi come oggetti.