Non si può morire per scelta di un medico durante un parto.
Non si può.
Punto.
Sarebbe così ovvio che non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro se non fosse che in Italia troppe donne e troppi bambini sono morti per decisione di un ostetrico o di un ginecologo.
In Sicilia oltre l’80% dei medici è obiettore di coscienza. Valentina, la ragazza morta insieme ai suoi due bimbi per una complicazione di parto ha agonizzato per ore sotto gli occhi dei dottori che la guardavano a braccia conserte perchè la gravidanza era l’esito di una fecondazione assistita. In nessuna regione d’Italia (a parte la Valle D’Aosta) la percentuale di obbiettori di coscienza scende sotto il 50%, quindi di fatto Valentina aveva statisticamente più probabilità di morire che di salvarsi. Quante Valentine potrebbero esserci in tutta Italia? Una morte del genere fa paura, ma fa rabbrividire ancora di più constatare che la sua morte è semplicemente in linea con una freddissima, gelida statistica.
Siamo tornati indietro di cent’anni: se era già agghiacciante che qualche decennio fa il medico chiedesse ai parenti, quelli maschi, se salvare lei o il feto in caso di complicazioni durante il parto, ora siamo addirittura all’abominio per cui a prescindere della volontà della famiglia, in sala d’aspetto il personale medico può tranquillamente lasciar morire tutti quanti.
I diritti non sono qualcosa di garantito sulla carta, ma qualcosa che viene negato ogni giorno in qualche corsia di ostetricia e ginecologia.
Il movimento “per la vita” non ha mai mostrato così poca attenzione alla vita come oggi. La criminalità degli assassini di Valentina dimostra la stessa miseria etica e umana di Amalia Daniela Palano, Gina Currao e Paola Cairone che nello scorso luglio hanno causato gravissimi danni irreversibili a Benedetto, nato a Catania. Per farlo nascere sano bastava poco: operare un parto cesareo. Questo però avrebbe comportato allungare le proprie ore di lavoro e ,se a un medico pigro fa comodo andare a casa prima del dovuto, al ministero lo fa molto di più risparmiare qualche ora di straordinario, il che a prima vista sembrerebbe in paradossale contrasto con l’abuso di interventi cesarei perchè i singoli ospedali prendono fondi in base al numero di operazioni e perchè spesso non c’è nè la voglia nè la pazienza di seguire le partorienti nei tempi di travaglio. Anche per questo aumentano in maniera allarmante le induzioni con ossitocina, le episiotomie e altre pratiche simili. Situazione che vai, risparmio che trovi, insomma. In comune c’è sempre una sprezzante valutazione della vita delle donne.
La ministra Lorenzin è avara sulla vita delle donne: chiudono uno dopo l’altro i reparti maternità a Napoli, Reggio Calabria, Fabriano, Agnona, Colleferro. Chi non è in grado di riprodurre autonomamente può anche morire. Per questa ragione a Catania hanno deciso di iniettare alla madre un agente chimico capace di falsare i valori monitorati e via!
I casi di violenza legati alla gravidanza e al parto sono il grottesco e assurdo contraltare del fertility day e delle narrazioni che vorrebbero la donna come perfetta moglie tutto fare, incubatrice di figli e figlie a loro volta sfruttabili, ovviamente rispettosi dei loro ruoli e consumatori docili in un mercato disegnato su misura.
Pensare che la vita, le scelte e la riproduzione delle donne sia in mano a ministri bigotti, preti e medici obbiettori è a dir poco insopportabile, a maggior ragione se si pensa che prima della caccia alle streghe e di lunghi processi di medicalizzazione e disciplinamento della società erano le donne stesse le depositarie di saperi millenari legati alle pratiche di aborto, parto cesareo, contraccezione, nascita e cura. Potevamo scegliere e decidere del nostro corpo. ecco cosa è stato distrutto sulle fiamme dei roghi dell’inquisizione.
Oggi i progressi della scienza e delle biotecnologie evolvono a ritmi impressionanti, ma è il sapere non è mai neutrale e sta a tutte noi volgerlo a servizio di autodeterminazione e liberazione. Non pensiamo che non ci siano le conoscenze necessarie per non far morire una donna di parto, che non ci siano gli strumenti, è chiaro che a mancare sia la volontà politica di prendere un’altra direzione. Dobbiamo denunciare pubblicamente ogni consultorio e ogni ospedale che ci impedisca la dignità della contraccezione, dell’aborto e di un parto sereno, organizzarci insieme perchè nessuna donna possa più morire di parto o subire complicazioni gravissime per scelta o noncuranza di un medico: non una di meno!
Costruiamo assieme lo sciopero dell’8 marzo,
Tutti i Giovedì h.17 @ Cantiere, laboratorio di autoformazione e discussione sui diritti delle donne e la liberazione di genere
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