ECCO QUI IL TESTO INTEGRALE E SEMPRE WORK IN PROGRESS DELLA CAMPAGNA #EXPOXCHI?, CHE INDAGA SU TUTTE LE VERE OPPORTUNITA’ DEL GRANDE E VENTO!
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2. EXPO X IL DIRITTO ALLA CITTA’
4. EXPO X MAFIA E SPECULAZIONI
5. EXPO X NORMAZIONE E NORMALIZZAZIONE
Expò 2015 è una “gigantesca opportunità”.
Sì ma…per chi? Per cosa?
Quando camminiamo per milano e ormai per qualsiasi città d’italia ci imbattiamo continuamente nel marchio Expò 2015: c’entra con il lavoro e con il volontariato, con la crescita e lo sviluppo, con la formazione e la carriera, con l’alimentazione e l’utilizzo del suolo, con le risorse naturali e l’artigianato, con la mobilità e la riqualificazione.
Expò è un’opportunità sotto tutti questi punti di vista e probabilmente molti altri…sì, ma per chi?
Expò sarà possibile grazie a 1000 ragazze e ragazzi che lavoreranno a 1 euro all’ora con i contratti firmati da camera di commercio e politecnico e a 18500 altri lavoratori gratuiti.
Forse Expò è un’opportunità per loro?
Expò sta mutando il volto di tutti i quartieri di Milano, sia che questi saranno al centro dei flussi previsti in sei mesi di eventi, sia che ne rimangano ai margini. Expò ha bisogno di infrastrutture, di opere pubbliche e private, di costruzioni.
Forse è un’opportunità per lo sviluppo urbano, per i servizi, per una Milano più “smart city”?
Per Expò il comune di Milano e le 7 università cittadine pubbliche e private hanno siglato un protocollo di intesa per la costituzione del comitato scientifico “le università per Expò2015”.
Forse è un’opportunità per gli Atenei e i loro studenti?
Forse sì. E Forse no. La campagna #expoxchi? nasce per approfondire queste domande e altre simili.
2. EXPO X IL DIRITTO ALLA CITTA’:
Expò non è a Milano, Expò è nella Milano che hanno deciso di mettere in vetrina. Tutto ciò che rientra nella vetrina è scintillante, pulito, facile da raggiungere e pieno di servizi. Poi si gira l’angolo e ci sono i quartieri popolari, con gli intonachi che cadono dalle facciate, senza opportunità nè accesso. La conformazione della metropoli sta mutando: assistiamo ad una continua densificazione del centro, alla ristrutturazione dei quartieri popolari o ad un loro abbandono se non utili al profitto di palazzinari e costruttori. I tempi di vita vengono sostituiti da quelli del business.
Primo fra tutti, pensiamo al caso emblematico delle “Vie d’Acqua”, ormai ben noto per merito delle proteste e dell’opposizione decisa dei residenti dei quartieri interessati dall’opera. Tanto per cominciare, il progetto è cambiato continuamente: prima canale navigabile, poi connessione dei parchi, recupero della Darsena, e irrigazione aree agricole. Finalmente adesso c’è più chiarezza: sarà solo un canale scolmatore, un tubo di cemento da una portata infima (2mc/sec.), anche se i costi di realizzazione si sono alzati risetto a quelli inizialmente preventivati.
Le vie d’Acqua rispecchiano perfettamente il modelo expo su scala complessiva, sia perchè la realizzazione effettiva sarà differente dal progetto che ha ottenuto per Milano la nomination (condotta idraulica, non via d’acqua; taglio di elementi accessori come le piste ciclabili, non sarà comunque ultimato per Expo2015, i costi salgono di 13.000.000 €), sia perchè negano ogni diritto alla città, distruggendo i parchi, unici elementi di valore e qualità della vita all’interno di alcuni quartieri popolari e funzionano coi principi della deroga e dell’estemporaneità.
Pensiamo anche a Isola, nel centro della città, dove la struttura urbanistica di una zona residenziale adesso ruota intorno ai grattacieli di Unicredit, ma anche a City Life, simbolo della “cementificazione inutile” e le cui abitazione faticosamente trovano acquirenti sul mercato, e a Santa Giulia, i cui cantieri sono stati interrotti a causa dell’intervento della magistratura.
Dal punto di vista delle trasformazioni che interessano la città stiamo assistendo ad un accelerato processo di cambiamento. La città è davvero un grande cantiere. Anche lo skyline sta cambiando. Ormai l’immagine simbolo di Milano non è più il Duomo ma sono i nuovi grattacieli Unicredit che stanno sorgendo nel quartiere Isola.
In questo senso, Expo rientra in una logica più generale e tutta una serie di trasformazioni urbane che erano già in atto, e che stanno avendo, attraverso lo strumento Expo una forte accelerazione. Si tratta di una logica più complessiva di trasformazione del territorio in ottica neoliberista che vediamo all”opera in quasi tutte le grandi metropoli europee. Nel senso che la trasformazione della città non nasce dai bisogni reali di chi la vive e dunque non per esempio dall”organizzazione o riorganizzazione dei servizi in alcune aree, ma è orientata all’accumulazione di capitale in senso fortemente speculativo, con grandi colate di cemento: la creazione di vuoti urbani che torneranno ad essere tali. Si costruiscono nuovi alloggi anche se Milano non ne ha bisogno, anche se non vi è una crescita demografica tale da giustificarli, mentre ci sono vuoti all”intero della città o quartieri che dovrebbero essere riqualificati. Ma siccome sulla riqualificazione non ci si fanno grandi profitti ci sono interi quartieri che vengono abbandonati a loro stessi mentre ne sorgono di nuovi destinati a rimanere vuoti. Expo rientra sicuramente in questa logica.
Se da una parte si presenta il modello Expo come unica possibilità di uscita dalla crisi e di sviluppo di un futuro migliore, dall’altra appare evidente il solito tentativo di favorire la crescita immobiliare della metropoli, consegnandola ai costruttori e alla speculazione edilizia, e di sfavorire aree più svantaggiate abitate dalla parte della popolazione con maggiori problemi economici e di inserimento nelle strutture urbane.
Expo è l’antitesi del diritto alla città: è evento che non nasce dai bisogni reali di chi vive i territori, ma che avvantaggia il capitale speculativo rispetto alle persone, presentandosi come modello di sviluppo e di trasformazione urbana capace di ridisegnare politiche territoriali, finanziarie e lavorative.
I normali processi di trasformazione della città conoscono una accelerazione quando incontrano eventi come l’Expo, che esprimono il ruolo egemone del potere finanziario e immobiliare sulla città e stravolgono l’identità dei luoghi, in particolare aumentando il valore attraverso la rendita dei terreni, provocando cambiamenti forzati nella composizione sociale.
Al centro delle politiche urbane non vi sono i diritti individuali e collettivi e nasce, inevitabilmente, un legame distorto tra consumo del suolo, vivibilità e accumulazione finanziaria, che è espressione della gestione privata della città.
si costruiscono grandi grattacieli che poi rimangono vuoti. Non c’è interesse a costruire quartieri vivibili. L’importante è costruire.
Per esempio, più si avvicina il grande evento e più si fa accanita la guerra agli occupanti abusivi, anche e soprattutto quelli per (legittima) necessità o morosi incolpevoli. Per esempio nella zona ad esempio della Fiera, riqualificazione vuol dire anche l’aumento esponenziale del numero di famiglie che hanno perso la casa. Interi quartieri popolari anche molto estesi, cominciano ad essere considerati fuori posto. Questo è quello che sta accadendo ad esempio a San Siro, uno dei quartieri popolari a maggior densità in Europa, pieno di case popolari, di migranti e case occupate. San Siro non è direttamente interessata dai progetti che riguardano Expo. Si trova però lungo quel’asse di sviluppo interessato dalle trasformazione che stanno investendo la città, dunque nella direzione dell”area dove sorgeranno i padiglioni dell”esposizione universale, lungo la nuova linea metropolitana che attraverserà la periferia Nord, che ha già cominciato a funzionare come potente strumento di gentrification. Con l’aumento dell’accessibilità, che è ovviamente un’ottima cosa, aumenta anche il valore immobiliare e crescono gli appetiti speculativi. Le dinamiche di trasformazione che stanno interessando San Siro, dunque, non sono direttamente “per” Expo ma stanno piuttosto dentro una logica più complessiva di sviluppo della città che sta trovando in Expo uno straordinario acceleratore.
La stessa scelta del sito per l’esposizione è emblematica del carattere speculatorio e privato della gestione urbana. Solitamente, per le esposizioni universali si scelgono terreni di proprietà pubblica. In questo caso, l’area è invece privata. È stata acquisita da una società costituita ad hoc (areaexpo s.p.a.), pagando con soldi pubblici l’area in questione ben 49.615.642,50 euro al ben noto costruttore milanese Cabassi. Nel dopo Expo, l’area, che è attualmente un’area a destinazione agricola, sarà rivenduta con tanto di master-plan circa la sua futura destinazione, tuttavia, questo non è vincolante, nel senso che chi acquisterà l’area non è tenuto a seguire quel progetto. Così, con molta probabilità l’area sarà edificata e vedrà crescere in modo esponenziale il suo valore. Tuttavia, il segno della dinamica speculativa in atto lo si vede chiaramente se si considera che di recente Milano aveva spostato il quartiere della Fiera nel comune di Rho, in quell’area di cerniera tra Milano e Rho che è Rho-Fiera, con un progetto futuristico dell’architetto Fuksas. I padiglioni di Expo sorgeranno proprio vicino alla Fiera che però rimarrà vuota. Tutto sarà spostato nei vicini padiglioni dell’Expo. Si stanno cioè lasciando vuoti spazi di esposizione già esistenti per cementificarne degli altri. Il problema di fondo è che non c’è un’idea chiara dello sviluppo che si vuole.
All’interno del tentativo di ristrutturazione neoliberista della città e di crisi globale, Milano, accentuando le sue contraddizioni, però, può diventare laboratorio di possibili trasformazioni e lo spazio della moltiplicazione delle esperienze di resistenza: c’è chi, come in molte altre città italiane, attraverso la solidarietà e il mutualismo, mette in pratica forme di riappropriazione dei vuoti urbani e di parti del territorio, e quindi inevitabilmente anche di vita e di reddito, contrapponendosi a quella della città “vetrina”, asettica e neutrale.
CONTRIBUTI:
– “imbuto e normalizzazione della metropoli”, commonware.org
– Shock Press #003 “Diritto alla città”, cs cantiere
-.Incontro Col #roteflora Di Amburgo! cs cantiere / streaming da commoradio 1
– Living in the crisis. Final statement. #housingeuromeet
– Protestation contre le MIPIM, pour le Doit au Logement et a la Ville
– IRA -C
– David Harvey: “Il capitalismo contro il diritto alla città. neoliberismo, urbanizzazione, resistenze” [cercalo su #datastorm]
“Expò sarà un’enorme opportunità di lavoro” ha garantito Renzi. Sì è vero, sarà un’enorme opportunità di avere dei lavoratori che non chiedono uno stipendio o al massimo, se proprio va male, stagisti da pagare un euro l’ora, cosa fino ad ora impensabile anche nella schiavitù del caporalato.
‘Lavoro gratuito’ è lo sfacciato e geniale ossimoro coniato grazie al grande evento, che ha permesso (grazie alla costitutiva logica dell’eccezione) di sfondare gli argini delle ultime garanzie rimaste sul posto di lavoro. Senza il precedente dei contratti Expò 2015, firmati da tutti i sindacati confederali e le istituzioni, non sarebbe mai stato possibile approvare un provvedimento come il jobsact che elimina la necessità della “giusta causa” per il licenziamento, l’obbligo di insegnamento nei contratti di apprendistato e toglie garanzie anche ai lavoratori a tempo indeterminato. Expò è stato un volano per il jobs act, uno strumento per indorare la pillola e spostare verso il basso l’asticella dei diritti e delle garanzie minime. E’ facile prevedere che sarà di grande aiuto anche per l’introduzione del “servizio comunitario”, proposto sempre dal Ministro del Lavoro, Poletti: un ottimo modo per non introdurre nuovi posti di lavoro pagato, facendo fare lavori “socialmente utili” ai cassaintegrati.
Il tutto condito da mirabolanti campagne pubblicitarie: “incontrerai il mondo in poche ore”, “ci fanno amare lavorare gratis”…peccato che loro grazie al nostro lavoro ci guadagnino eccome, l’ideatore delle campagne di promozione del lavoro gratuito ha intascato migliaia di euro.
Expò è un evento privato e nonostante la retorica classica dell'”uniamoci tutti a difendere le istituzioni” c’è qualcuno che ci guadagna…allora perché dovremmo lavorare gratis??? Da una parte ci sono i precari: 195 stagisti, 300 contratti a termine, 340 apprendisti under 29 che conseguiranno qualifiche da «operatori grande evento», «specialisti grande evento» o «tecnici sistemi di gestione grande evento». Dall’altro lato ci sono i volontari che dovranno mostrare di condividere i valori ufficiali dell’Expo: credere in un’alimentazione buona e sana in un’economia sostenibile. Valori difficili da non condividere. In cambio, però, Expo non darà nulla ai volontari se non l’opportunità di tenersi in contatto con il mondo attraverso facebook. D’altronde “Expo sarà il social network più grande dell’anno”.
E’ importante ricordarci bene che il fatto che qualcuno lavori gratis innesca una catena di ricatto a effetto domino su tutti: chi rivendicherà un aumento di stipendio, chi non vorrà semplicemente farselo tagliare o chi non vorrà farsi assumere per una miseria non avrà nessuna speranza di successo, se c’è qualcun altro pronto a fare il suo stesso lavoro gratis.
Vorremmo chiedere a chiunque pensi di lavorare gratis cosa si aspetta sinceramente di ottenere. Un posto fisso che ormai col jobsact non esiste più nemmeno formalmente? Crediti all’università per una laurea che poi non darà in ogni caso maggiori certezze? Formazione, quando dai contratti di apprendistato viene addirittura levato l’obbligo di insegnamento? Vogliamo rassicurare tutti, l’unico beneficio sarà la qualifica di “operatore dei grandi eventi”, da spendere al prossimo Expò o alla prossima occasione di lavoro nuovamente gratuito.
Ci sembra anche vergognoso che che il lavoro gratuito sia equiparato al volontariato. Il volontariato è una pratica dignitosa che migliaia e migliaia di persone mettono in campo attivandosi in prima persona nelle cause in cui credono, l’associazionismo è una ricchezza che ben poco ha da spartire col profitto.
Pensiamo che il lavoro gratuito sia l’espressione più spudorata dello sfruttamento insito nel lavoro, più in generale nel modello neoliberista (e prima capitalista, feudale, schiavista eccc…). Pensiamo che lo sdoganamento del lavoro gratis segni sicuramente una differenza di grado, ma non di sostanza.
Come diceva qualcuno, dietro al velo di Maya potrebbe starci la verità: se il potere non si preoccupa nemmeno più di offrire il minimo compenso per le prestazioni, si rende semplicemente più palese il nocciolo della questione. Quando i salari e le garanzie sono cresciute nella storia, è perchè i rapporti di forza messi in campo dai lavoratori lo hanno permesso (senza dimenticare tutti gli elementi di criticità insiti nel welfare state nei suoi aspetti compromissori).
Siamo per il reddito di esistenza, quando ormai il potere mette a profitto la complessità delle nostre vite (lavoriamo e produciamo profitto quando ci colleghiamo in rete, quando ricerchiamo su google, quando rispondiamo alle indagini d mercato, quando consumiamo e compriamo ecc…) ,siamo per affermare il valore del tempo di vita contro il tempo del lavoro, siamo per sottrarre le nostre vite al profitto. Siamo per costruire strutture autonome libere dal neoliberismo per vivere e non sopravvivere. Siamo per produrre e non lavorare, per ogni pratica di riappropriazione.
CONTRIBUTI:
– INTERVENTO DELL’AVVOCATO DEL LAVORO G. GIOVANNELLI @CANTIERE SU JOBS ACT
– video guida a jobsact e contratti expò Jobs act e contratti Expò! Stai sereno 😉
– GÜNTER WALLRAFF: “Germania anni Dieci Faccia a faccia con il mondo del lavoro”
4. EXPO X MAFIA E SPECULAZIONI
Era il 30 Ottobre, 2010 quando il testimone di Expo passava alla città di Milano.
Nel pieno della crisi finanziaria, causata in gran parte dalle speculazioni bancarie, il progetto Expo venne presentato come l’irrinunciabile possibilità di ripresa per l’economia milanese e italiana.
Ed è cosi che venivano mascherati i reali interessi su questo grande evento, da sempre prevedibili.
Expo x chi? Mafiosi e speculatori, sono loro al momento i maggiori beneficiari di questo evento.
2,4 miliardi è il valore delle tangenti, finora stimato.
Arrestate sino ad oggi 10 persone: Angelo Paris,direttore generale di Expo 2015 Spa, l’ex senatore di Forza Italia, Luigi Grillo, l’ex segretario amministrativo della Dc milanese, Gianstefano Frigerio (ex Forza Italia), l’ex segretario dell’Udc ligure Sergio Cattozzo, l’imprenditore Enrico Maltauro e Primo Greganti, il «compagno G», già arrestato nella stagione di Tangentopoli. Agli arresti domiciliari è finito invece Antonio Rognoni, ex direttore generale di Infrastrutture lombarde, già arrestato mesi fa in un’altra inchiesta della procura di Milano.
Le indagini si ramificano in 15 città italiane, ed è quindi ovvio che Expo avrà impatto sull’intero paese.
I reati ipotizzati sono numerosi: associazione a delinquere, corruzione, turbativa d’asta, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, nonché rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio.
A un anno da Expo questo è il quadro che ci si para davanti: il vero progetto messo in campo in questi anni è stato quello della speculazione edilizia e della corruzione.
C’è da chiedersi quindi quale sia lo scopo di certi eventi: dispendiosi, facili prede di mafia e politici collusi, che mostrano in queste occasioni il loro volto, un evento a forte impatto ambientale ed urbanistico, che deturpa il territorio e lo lascia nelle mani di speculatori edilizi.
Non per niente, le opere dell’Expo coinvolte nelle indagini sono quelle relative agli appalti sulle “Vie d’acqua” (un’opera aggiudicata da Maltauro Spa), ai parcheggi e al progetto Architettura di servizio (aree di ristorazione, spazi commerciali e servizi, anche questo vinto da Maltauro Spa e dalla cooperativa Cefla di Imola).
L’associazione a delinquere ruotava, secondo la procura, attorno alle figure di Frigerio, Greganti e Grillo, i quali erano in contatto con i referenti politici e con il mondo imprenditoriale interessato agli appalti in Lombardia e non solo. L’indagine, è nata all’interno dell’inchiesta “Infinito” sulle infiltrazioni mafiose in Lombardia, e a portato alla scoperta dell’impianto mafioso nato su Expo.
Gli indagati sarebbero per il momento 19. Le intercettazioni hanno svelato i contatti degli arrestati con esponenti politici di numerosi partiti. Nessun parlamentare, però, è al momento indagato.
Le parole di Renzi vogliono far pensare che questa situazione sia dovuta ad alcuni personaggi, insomma viene ribadita la retorica delle mele marce, per cui tutto ciò non viene individuato come un problema, frutto di meccanismi propri al sistema, ma viene visto come fenomeno isolato; una conclusione certamente lontana dalla realtà.
Qual era il tema di Expo? “Nutrire il pianeta, energie per la vita”, potremmo cambiarlo in “Nutrire le tasche, energie per la mafia” sarebbe più in linea con quello che avviene veramente.
Il blocco di strumenti di controllo come open-expo, un grande progetto open-data che doveva rendere pubblici e consultabili, tutti i dati sui contratti e gli investimenti di Expo 2015, lascia pensare che non ci sia mai stato un reale interesse nel rendere accessibili certi dati.
Il guadagno derivante da Expo non sarà dato dall’evento in sé, ma dal processo di costruzione edilizia che porta tangenti, dà la possibilità di riciclare denaro sporco, subappaltare i lavori a ditte terze, che non rispettano i diritti dei lavoratori e alimentano il fenomeno del caporalato, in continua crescita in tutta Italia.
Dopo lo scandalo è stato nominato commissario del comitato per Expo Raffaele Cantone, ex presidente dell’authority anti-corruzione, come tentativo di tenere i “furbi” fuori dall’evento, ma come fare se risultano essere, proprio loro, i maggiori investitori?
Il nuovo commissario avrà pieni poteri, che dovranno permettere la riuscita dei lavori in fretta e senza ulteriori intoppi.
Dato il ritardo e la necessità di rispettare i tempi, si riducono i controlli sui cantieri e sui soldi che circolano attorno all’evento, si fanno leggi ad hoc per permettere l’ultimazione degli impianti fieristici, su terreni agricoli, come da anni denunciano gli abitanti di Rho.
Nonostante tutto questo Expo si farà! Ce lo assicurano tutti: Renzi, Maroni, Pisapia…
Grazie ai loro interventi legislativi gli organi di Expo S.p.a. combaciano con gli organi di controllo, un vero e proprio paradosso.
E ora chi controlla il controllore?
La favola di Expo2015 prosegue senza sosta, le dichiarazioni di Maltauro (rese disponibili dalla magistratura solo da Ottobre) confermano che le persone arrestate sono solo ingranaggi di un sistema, che contina a funzionare benissimo, e che non è stato minimamente intaccato da queste inchieste.
Maltauro dice:«La signoria vostra mi chiede di descrivere in maniera più specifica come era strutturato questo sistema illecito che ho sinora analiticamente descritto: voglio dichiarare che, per quel che ho avuto modo di vedere in questi anni, si tratta di un sistema costruito attraverso una fitta ed intrecciata rete di relazioni politica e amministrativa, in cui l’obiettivo fondamentale è quello di intervenire in modo concreto ed efficace nell’ambito del sottogoverno e della dirigenza pubblica».
Un sistema clientelare, fatto di concussione e accordi mafiosi, come dimostrano gli arresti domiciliari di Antonio Acerbo, manager della società Tagliabue S.p.a., diventato poi Facility manager del Padiglione Italia e commissario delegato per Expo 2015 al progetto “Vie d’acqua”.
Acerbo ha fatto in modo che Maltauro ottenesse l’appalto del progetto “Vie d’acqua” , pari a 100.000 euro, in cambio di mazzette, ottenute attraverso suo figlio, assunto come “esperto esterno” come si evince dalle intercettazioni.
In effetti ci si chiede come sia possibile che persone come Frigerio, Grillo e Greganti, dopo essere stati condannati negli anni di Tangentopoli, siano stati parlamentari e membri importanti di partito (Udc, Pdl e Pd), che abbiano continuato a portare avanti il loro compito di faccendieri: il ponte di connessione tra imprenditori, pubblici funzionari e politici.
Maltauro li definisce cosi, faccendieri pronti a fare il lavoro sporco per conto dei politici di tutte le fazioni, con agganci nelle amministrazioni e con il potere di decidere nomine e conferire appalti.
Tutto questo viene a galla ora? Si tratta di una nuova tangentopoli? A noi sembra essere solo il proseguo di un modo di fare affari e speculare sul territorio in atto da tempo, non si tratta di eccezionalità, ma di consuetudine.
Ma che importa! Qui bisogna finire i lavori, correre contro il tempo, continuare con i progetti che fruttano davvero, che importa se salta qualche testa, personaggio scomodo!
5. EXPO X NORMAZIONE E NORMALIZZAZIONE
Ormai da un po’ a Milano si respira aria di Expo, la città si è infatti trasformata in un cantiere a cielo aperto, su ogni muro della città non ci sono più murales ma locandine che offrono ai giovani di questa città un’ “occasione” imperdibile per quanto riguarda la loro formazione lavorativa.
Da ogni parte queste facce, di ragazzi come noi ovviamente. Mostrano come questo evento di portata mondiale possa essere per noi giovani precari un trampolino di lancio verso il mondo del lavoro. Aggratisss ovviamente, come se con questa bell’aria frizzantina di Expò ci si potessero pagare le tasse universitarie e l’affitto!
In ogni caso la posta in gioco del grande evento è ben più grande. Expo (così come per esempio il Tav o i Mondiali in Brasile), si pone rispetto alla società come un laboratorio, grazie al quale è possibile testare nuove forme di “sviluppo” urbano e di controllo sociale.
Una grande occasione di normazione e normalizzazione! Ecco che cosa è realmente expo. “Necessitas legem non habet” è cosi infatti che nella storia il potere ha da sempre legittimato una sospensione, o comunque un’eccezione, dell’ordinamento giuridico e fattuale presente. È in forza di una necessità o di un’ “occasione imperdibile” che il capitale è in grado di creare una forte accettazione da parte di tutti rispetto a nuovi processi di controllo e gestione sociale e territoriale.
Lo sviluppo del capitale in questo senso trova nei grandi eventi linfa vitale, in essi vi trova la fonte di legittimazione. Il potere inoltre non utilizza queste occasioni unicamente per aumentare la propria presa, le sfrutta per studiare la società, per analizzarla e per sperimentare liberamente fino a che punto può reprimerne le spinte conflittuali.
Questo è ciò che accade per esempio a spese del movimento notav, dove i pm Rinaudo e Padalino si fanno portavoce del tentativo di costruire addirittura il teorema del terrorismo per un reato eventualmente classificabile come “danneggiamento”.
Il Brasile è un esempio lampante, difficilmente senza il Mondiale il governo avrebbe trovato una fonte di legittimazione per stravolgere e rimuovere intere favelas a colpi di mitra e ruspe). Inoltre appare chiaro che i meccanismi studiati e intuiti in Brasile verranno poi utilizzati da qualche altra parte nel mondo, come è stato per i dispositivi negli anni dei grandi vertici e controvertici, per le sperimentazioni dei gas prima negli stadi e poi nelle piazze.
Expò, essendo un’esposizione universale, ha intrinseco questo carattere di normazione internazionale, evidentemente una necessità nell’epoca della globalizzazione e della natura delocalizzata dei grandi poteri finanziali.
Nello specifico queste esposizioni universali (o internazionali a seconda della categoria) vengono promosse e gestite da un’organizzazione non governativa chiamata BIE con sede a Parigi, ossia l’ Ufficio Internazionale delle Esposizioni. Dopo il protocollo del 1988 questa è la definizione di Expo secondo la BIE: « Un’esposizione è una mostra che, qualsiasi sia il suo titolo, ha come fine principale l’educazione del pubblico: può presentare i mezzi a disposizione dell’uomo per affrontare le necessità della civilizzazione, o dimostrare i progressi raggiunti in uno o più settori dello scibile umano, o mostrare le prospettive per il futuro » (Da notare l’uso oppiaceo delle parole “educazione del pubblico”, “necessità di civilizzazione”, “progressi nello scibile umano”).
I membri della BIE sono 168 stati; uno stato può essere membro del BIE se membro delle Nazioni Unite, della Corte Internazionale di Giustizia, di una delle istituzioni specializzate delle Nazioni Unite, o della Agenzia Internazionale per l’energia atomica (se non fosse chiara la direzione dello “sviluppo”).
Così come per Expo pero i profitti di pochi a breve termine sono solo una faccia della medaglia, ciò che veramente questi impongono sono nuovi modelli di controllo e di sfruttamento. Gli stessi contratti che vengono proposti ai giovani per lavorare durante il periodo di expo altro non sono che il tentativo da parte dello stato di immettere all’interno del mercato del lavoro nuove forme contrattuali, di creare un precedente, di legittimarle.
Il processo ovviamente non è nuovo, la precarizzazione del mondo del lavoro dura ormai già da una trentina d’anni ma grazie al grande evento si è riusciti a dare uno sprint decisivo a questa sempre maggior diminuzione di diritti e di reddito per i lavoratori.
Il ruolo di Expo sta nel cominciare a proporre questo nuovo orizzonte, queste nuove regole del mondo del lavoro, spacciandole per opportunità ma soprattutto creando intorno ad esse una forte accettazione. Ci convince ad accettare quelle regole che ormai sono la colonna portante di questo nuovo sistema di sfruttamento, in primis la flessibilità e la competitività, ma anche la completa svalutazione del proprio lavoro.
Grazie a Expo pensano di velocizzare la nascita, o comunque la trasformazione, di una nuova forza lavoro gratuita. Grazie a Expò hanno potuto approvare il Piano Casa firmato Lupi: il suo articolo 5 nega acqua, luce, gas, assistenza medica pubblica a medio e lungo termine, asilo e altri diritti basilari agli occupanti per necessità: probabilmente la guerra agli occupanti giustificata dalla “riqualificazione” cittadina per il maxi evento centra parecchio.
Le sue facilitazioni a grandi costruttori e immobiliari probabilmente con i regali ai palazzinari milanesi, con la gestione “per deroghe”, con l’alleggerimento dei controlli antimafia in nome dell’emergenza “si deve fare” pure.
Chi lavora per Expo, nonché per ogni grande iniziativa promossa dall’Altro delle istituzioni, è inglobato in una cornice di assoggettamento bio-capitalistico che è certamente più facile da sopportare, ma allo stesso tempo ingiusto nei confronti della vita. Expo è una delle tante facce del bio-capitalismo che oggi attraversa la nostra metropoli e che ha scoperto che il valore risiede nelle identità, nei significati, nelle esperienze degli individui e nel loro desiderio di acquisire sempre nuove identità, nuovi significati, nuove esperienze. Esso punta a persuadere l’accettazione di un modello, punta a estraniarci dal significato dell’esistenza attraverso l’usurpazione quotidiana delle nostre vite.
Le università milanesi hanno deciso formalmente e ufficialmente di mettersi totalmente a disposizione di expo2015.
Chi decide?!?
La nuova composizione dei c.d.a. universitari vede al suo interno ben 4 banchieri. Chi guadagna davvero da Expo e grandi opere? Ci sarà forse un conflitto di interessi in casa unicredit, sanpaolo e co., e quindi in casa Ateneo?!?
spazi e tempi:
Le Università per Expò 2015 è il patto firmato dai 7 magnifici rettori delle 7 università pubbliche e private milanesi e promosso dal Comune. Il patto stabilisce la costituzione di un Comitato Scientifico costituito da un rappresentante per ciascuna delle sette università milanesi (in genere un prorettore), da un rappresentante della Regione, della società Expo, del Padiglione Italia, delle Fondazioni milanesi, nonché la delegata del sindaco di Milano alle pari opportunità.
Il patto impegna il Comune a patrocinare eventi di promozione “culturale” di Expò (poco importa se i soldi dei contribuenti vadano anche alle Università private) e gli atenei a mettere a disposizione spazi e tempi.
Se Expo è una vetrina come suggerisce il nome, sotto i riflettori dovrebbero andare ad esempio le differenze tra la Bocconi e la Statale, le infiltrazioni al quinto piano di Festa del Perdono, gli studenti che si mangiano la schiscetta sulla tromba delle scale, quelli appollaiati a studiare nei corridoi fuori dalle biblioteche coi posti esauriti, le intossicazioni croniche nei laboratori delle facoltà scientifiche (come nel caso ormai tristemente ciclico di veterinaria). A noi non importa tanto dei riflettori e delle vetrine: vogliamo i soldi spesi per Expò per un’Università accessibile a tutti (visto che la Statale ha le rette più care d’Italia) e in grado di offrire una formazione e una vita degna al suo interno.
Il tema di Expò è “Nutrire il pianeta – energie per la vita”, per questo a coordinare il comitato sarà la Preside di Agraria: peccato che la sua facoltà non contempli una mensa dove i suoi stessi studenti possano mangiare senza spendere miliardi aggiungendo costi a quelli già alti di rette, libri, affitti e trasporti; peccato che l’unica mensa universitaria di zona città studi sia appaltata ad Autogrill, alla faccia dello sviluppo sostenibile e della cultura alimentare.
saperi:
Il comitato scientifico però non si limita a questo.
Che vuol dire? Che studieremo Expo e i modelli sociali economici che rappresenta? Sì, certamente, ma non solo, la faccenda è più sottile.
Noi (o meglio alcuni di noi) contribuiremo a produrlo. Che significa? Significa che il potere conosce bene la potenza del general intellect, di migliaia e migliaia di giovani che studiano le più varie materie.
Significa che hanno da qualche mese tagliato altri 15 milioni alla ricerca, ma il patto promuove, sviluppa, patrocina e finanzia laboratori e progetti di ricerca finalizzati a Expò.
Abbastanza chiaro no? Vuoi ricercare e produrre sapere? Bene, ma deve essere utile al modello Expò, se no stai a casa grazie, o vai a lavorare (gratis ovviamente). Il general intellect, ovvero tutta la nostra intelligenza comune, viene messa a profitto per un sistema che devasta i territori, cementifica e specula, per uno sviluppo che ci riporta indietro di anni e anni nei diritti e nelle libertà.
La sfida dell’autonomia e della produzione di sapere autonomo per la costruzione di sviluppo e territori a misura di chi li vive e per il beneficio dei moltissimi è centrale. Noi vogliamo studiare, ma non vogliamo collaborare allo sfruttamento indebito delle risorse, al servizio di pochi che guadagnano sulle spalle di tanti.
Una situazione simile e interessante è quella del Messico, dove in Chapas l’istruzione ufficiale è da anni uno strumento fortissimo di attacco e distruzione delle comunità indigene: i ragazzi che non possono permettersi la scuola lavorano, quelli che possono entrano in scuole e università dove viene estirpata la cultura indigena e la ricerca è improntata su un modello di sviluppo “yankee” che è lo stesso che distrugge i caracoles e calpesta le vite di chi abita la regione. Per questo però è nata Uniterra, una vera e propria università indigena (dove si studia di tutto chiaramente), che promuove l’istruzione per tutti e chiede a chi ricerca di mettere a valore il proprio sapere in maniera cooperativa e a servizio dei bisogni delle comunità del Chapas.
Ecco, senza andare così lontano, è chiaro che il comitato scientifico di Expò ci indica quanto le intelligenze siano vitali per il potere, le nostre intelligenze. La sfida dell’autonomia e della produzione di sapere autonomo per la costruzione di sviluppo e territori a misura di chi li vive e per il beneficio dei moltissimi è centrale. Magari c’è chi vuole studiare, ma non vuole collaborare allo sfruttamento indebito delle risorse, al servizio di pochi che guadagnano sulle spalle di tanti.
Magari c’è chi oggi non riesce proprio a sostenere le spese dell’istruzione o ad accedere a uno dei pochi laboratori esenti dai tagli. Università per Expò è lo slogan….sì ma anche ammettendo che Expò sia tollerabile, in questo sfacelo, perchè allora non anche Expò x uni? Se Expò guadagna dalle università, cosa ci guadagnano, oltre ogni ideologia, le università e soprattutto gli universitari da Expò? Niente.
Ps. In ogni caso, oltre ogni riflessione di facciata sul ruolo di promozione culturale del Comitato Scientifico, come ricorda la stessa presidentessa Claudia Sorlini, tra le varie attività figura la promozione del lavoro volontario e gratuito per Expò tra gli universitari, alla ricerca di lavoratori da sfruttare. Il che la dice lunghissima sugli intenti pedagogici e i fini intellettuali.
E un discorso analogo si può fare sulle scuole:
LE SCUOLE:
Oltre che Unixexpo c’è ovviamente anche “La scuola per expò2015″.
Il Progetto ha due anime: quella sottile dell'”educazione” ai valori del modello Expò e quella dello sfruttamento becero delle scuole come serbatoio di lavoratori gratuiti.
Infatti “nasce con l’obiettivo di sensibilizzare i giovani studenti ai temi dell’EXPO 2015 per promuovere la formazione di cittadini responsabili, l’educazione alla solidarietà e la diffusione delle attività di volontariato degli studenti in tutte le scuole di ogni ordine e grado, paritarie e statali della Lombardia.” come si può leggere sul sito ufficiale.
Esiste perfino uno “Sportello Regionale” che si propone di “creare la rete del Volontariato Scuola per EXPO”
Se da un lato ritengono molto istruttiva “attività di accompagnamento delle classi in visita al sito espositivo” (dopo aver ovviamente tagliato i fondi per le gite culturali e per i laboratori negli istituti), dall’altro sono spudorati nell’ammettere esplicitamente che “in occasione di EXPO 2015 la figura del giovane studente volontario potrà essere una risorsa preziosa 1) per gli organizzatori 2) per il pubblico dei visitatori (e ovviamente) 3) per il volontario stesso.”
Se è chiara l’opportunità per chi avrà una riserva di lavoratori da non pagare ci si chiede…e il “volontario stesso”, che ci guadagna? Ovviamente l’appagamento di “un’occasione unica di sentirsi parte integrante della macchina organizzativa di un grande evento di offrire un contributo alla vita comunitaria di cimentarsi nelle relazioni interpersonali e in un’esperienza singolare di cittadinanza attiva.” insomma…”Un’occasione da non perdere!”. Ma sì, buttiamoci anche il “Passaporto Expò2015”, un documento ufficiale con valore di credito formativo….tanto anche a scuola è gratis, forse ancor più che in università.
Il sito ufficiale del progetto sottolinea il ruolo chiave dei docenti (a cui ovviamente il governo Renzi sta nuovamente tagliando lo stipendio e le nomine dei precari). L’invito è addirittura a chiedere “all’ufficio scolastico regionale della regione Lombardia come far diventare i tuoi studenti dei volontari all’Expò..” (far diventare…e gli studenti cosa vogliono?!?).
I docenti saranno i veri e propri “ambasciatori dei messaggi e dei valori educativi di Expo Milano 2015.”…anche loro saranno educati ovviamente, tramite “attività formative che potranno supportarli nella loro azione, fornendo ulteriori spunti per sviluppare i percorsi didattici ed educativi sul tema di Expo”.
Anche in questo ambito vediamo l’immediata correlazione tra “precedente Expò” e politica nazionale del governo Renzi: con la buona scuola, gli istituti lasciati ormai senza fondi dovranno cercarli tra i migliori offerenti privati, che in cambio disporranno di un bacino di stagisti gratis.
La “Buona scuola” non sarà altro che l’immissione degli studenti nel Mondo del Lavoro già educati al giusto modello di lavoratore non pagato e privato del diritto di protestare. Expò non è quindi solo un’occasione di lavorare gratuitamente, ma di imparare a farlo per il resto delle nostre “carriere” e di nuovo sarà la pillola indorata per un’amara prassi di qui in avanti.
CONTRIBUTI:
– Descolarizzare il mondo – a cura di Libreria Autogestita EX-CUEM
– “Dall’autoformazione all’autovalorizzazione”, COMMONWARE
«la guerra è pace», «la libertà è schiavitù», «l’ignoranza è forza», <<il lavoro è gratuito>>, <<l’apprendistato non è insegnamento>>. Orwell, 1984.
Difficile scindere gli ossimori orwelliani da quelli della Neolingua coniata grazie ad Expò per il nuovo modello di organizzazione sociale che il potere sta costruendo per noi.
Questa è da sempre una tecnica straordinariamente efficace: han provato a convincerci che le missioni di guerra potessero essere di pace, che le bombe potessero essere intelligenti e ora addirittura ci provano per la realtà che viviamo ogni giorno, in un tentativo di astrarci dal contesto quotidiano davvero ardito.
Anche usando il linguaggio come parte integrante di una potentissima macchina da guerra mediatica e propaganda targata Expò2015, provano a convingerci che possa esistere un lavoro gratuito: ma cos’è il lavoro gratuito?!? SI può sapere?!? Al massimo è uno stage, che si fa per imparare. Ma grazie ad un altro ossimoro han reso possibili i contratti di apprendistato senza obbligo di insegnamento.
E allora?!? Si fa per i crediti?!? Per il curriculum?!? Capirai, tanto son gratis! Al di là dei tecnicismi giuridici delle singole forme contrattuali è evidente quanto queste espressioni siano lo specchio di un modello sociale che va nel senso del lavoro gratuito su larga scala (oltretutto non riusciamo a spiegarci quanto sia sostenibile con un minimo di lungimiranza), dell’inutilità complessiva dei titoli di studio e personali che sempre meno corrisponderanno a reali competenze e capacità e che di conseguenza sempre meno serviranno realmente ad ottenere qualcosa nella vita, anche nei canoni dominanti del sistema.
Insomma innsescano e ci aggrovigliano a partire dalla questione lessicale in un groviglio di inganno e inutilità.
«la guerra è pace», «la libertà è schiavitù», «l’ignoranza è forza», <<il lavoro è gratuito>>, <<l’apprendistato non è insegnamento>>. Orwell, 1984.
Difficile scindere gli ossimori orwelliani da quelli della Neolingua coniata grazie ad Expò per il nuovo modello di organizzazione sociale che il potere sta costruendo per noi.
Questa è da sempre una tecnica straordinariamente efficace: han provato a convincerci che le missioni di guerra potessero essere di pace, che le bombe potessero essere intelligenti e ora addirittura ci provano per la realtà che viviamo ogni giorno, in un tentativo di astrarci dal contesto quotidiano davvero ardito.
Anche usando il linguaggio come parte integrante di una potentissima macchina da guerra mediatica e propaganda targata Expò2015, provano a convingerci che possa esistere un lavoro gratuito: ma cos’è il lavoro gratuito?!? SI può sapere?!? Al massimo è uno stage, che si fa per imparare. Ma grazie ad un altro ossimoro han reso possibili i contratti di apprendistato senza obbligo di insegnamento.
E allora?!? Si fa per i crediti?!? Per il curriculum?!? Capirai, tanto son gratis! Al di là dei tecnicismi giuridici delle singole forme contrattuali è evidente quanto queste espressioni siano lo specchio di un modello sociale che va nel senso del lavoro gratuito su larga scala (oltretutto non riusciamo a spiegarci quanto sia sostenibile con un minimo di lungimiranza), dell’inutilità complessiva dei titoli di studio e personali che sempre meno corrisponderanno a reali competenze e capacità e che di conseguenza sempre meno serviranno realmente ad ottenere qualcosa nella vita, anche nei canoni dominanti del sistema.
Insomma innsescano e ci aggrovigliano a partire dalla questione lessicale in un groviglio di inganno e inutilità.
Passiamo poi alle balle vere e proprie che campeggiano a spese pubbliche su ogni singolo muro di Milano:
“Una festa con 7 miliardi di invitati”?!? No, una fiera commerciale con invitato il personale degli enti pubblici e privati che ne faranno parte. In ogni caso suona davvero ridicolo, arrogante e privo dio ogni decenza annoverare tra gli invitati tutti i poveri e poverissimi miliardi che abitano in Africa, in Asia, in sun America…ma anche e sempre di più in Europa e Norsd America..si, ma anche a Milano. In ogni caso, ammesso e non concesso che gli invitati sono effettivamente 7 miliardi, se si presenteranno meno di 3,5 miliardi di partecipanti sarà quantomeno una festa molto malriuscita.
“Ci sarà il mondo” e ci risiamo…con la loro arroganza di autoprlocamare una qualsivoglia infinitesimale percentuale di quei famosi 7 miliardi “il mondo”. E’ l’arroganza del potere che in continuazione si preoccupa di suggerire che il mondo è chi ai più svariati livelli architetta, costruisce, partecipa al modello neoliberista, chi accetta le sue regole. Non esiste per loro un “diverso” un “altro”. Esiste il mondo, se no non sei nulla.
“In due settimane potrò stringere amicizia con 1.000.000 di persone. Per davvero”: Questo uno degli slogan della campagna arruolamento volontari. Ma da quand’è che la condizione per fare amicizia e tessere legami sia necessariamente quella di lavorare gratis facendo guadagnare qualcuno che siguarda bene dal fare “amicizia” con gli altri…bell’amico sarebbe quello che si tenesse tutti i frutti del lavoro degli altri! Certamente moltissimi legami e processi di soggettivazione (di classe per usare un linguaggio un pelino desueto=) ) sono nati e possono nascere sul posto di lavoro e a partire da una comune condizione e dalla reazione comune ad essa, ma sarebbe davvero surreale sostenere che qualcuno voglia farsi sfruttare per poi potersi unire ad altri. Qualcuno disse “proletari il mondo unitevi!”, ma non crediamo avrebbe detto “diventate ptima tutti proletari per poi potervi unire in tutto il mondo!”. Eccome se vogliamo stringere nuove amicizie, ma di sicuro non vogliamo farlo per l’interesse di qualcun altro. Hanno ben poco da parlare di amicizia, popi, gli stessi che se fai il volontario ti danno tre crediti in più o una nota positiva in più per battere gli altri nell’arena della meritocrazia che loro stessi han creato. Meritocrazia qui vuol dire: Vi diamo due briciole e per non farvi davvero stringere legami rivoluzionari contro questo sopruso vi diciamo che il primo che arriva può averle tutte….prego uccidetevi.
Abbastanza comico anche l’invito al volontariato: “entra nel vero social network dell’anno”: ecco il paradosso: dopo aver cercato di inglobare intere generazioni nelle relazioni da social network e nell’uso passivo delle nuove tecnologie, ora vogliono ri sputarle fuori, sufficientemente ruminate, e trasformare la vita reale in social nel senso più vero della parola, oltre ogni metafora.
“expò: pensato per i tuoi figli, e anche per i loro figli”. E va beh, ci si chiede se pensavano a noi e ai nostri figli anche quando tagliavano 19 miliardi in 5 anni all’istruzione, quando approvavano l’articolo 5 del piano casa che lascia senza acqua, luce, gas, possibilità di iscriversi all’asilo intere famiglie di occupanti per necessità, quindi compresi i loro figli, quando si rendono complici a proposito di “Nutrire il pianeta” della fame dei milioni di persone a cui le sementa ogm devastano i territori… . Allora sarebbe stato più sincero dire “pensato per i nostri figli, e anche per i loro figli”: quelli che potranno iscriversi alle migliori scuole private, quelle che avranno una deliziosa cameretta in una maxi villa magari pure frutto di una speculazione edilizia, quelli che ingrasseranno tanto quanto i loro padri e i loro nonni.
“In un giorno mi troverò in oltre 145 paesi del mondo. Per davvero” e anche “I’ll hear more than 50 languages spoken every week. For sure”. Bello eh…ma viaggiamo! Vediamolo davvero il mondo, non solo quello che vogliono farci vedere! Non solo quello commerciale, non solo quello del profitto! Tragicomici questi slogan, quando hanno eliminato i finanziamenti per le gite scolastiche all’estero, per lo studio delle lingue e per i laboratori. Quindi anche se fosse vero, 18.500 volontari potrebbero vedere il mondo e imparare le lingue e gli altri milioni di ragazze e ragazzi no perchè per expò i soldi ci sono e per l’istruzione no?!? Come dice giustamente uno sbrand girato sul web, per vedere il mondo e sentir parlare 50 lingue a Milano basta salire sull’autobus 90, aggiungeremmo noi, basta fare un giro in un quartiere anche solo mediamente popolare. Ma non è questa la diversità che produce profitto, e allora si possono regolare i flussi con la fortezza europa, i respingimenti in mare, i brutali cie, i coprifuoco propagandistici in via padova, le cariche contro i facchini della logistica, il reato penale di clandestinità.
Quando expò offre migliaia di posti di lavoro ( beffardamente non pagato, o pagato un euro all’ora) non sta solamente chidendoci di farci schiavi dell’oasi economico-finanziaria che circonda Expo, ma promette allo stesso tempo che sarà piacevole, indispensabile e una grande opportunità per infoltire i nostri curriculum. I giovani e intraprendenti disoccupati che accettano di lavorare per expo (spesso “con la speranza di trovare un vero lavoro più in là”), non stanno solo compromettendo la loro dignità personale, ma si credono dei <<favoriti>> dell’establishment. Si perché oramai lavorare per Expo ha tutta l’aria di un privilegio!
Convincere le persone che Milano e i suoi abitanti “hanno diritto” all’Expo in quanto mera necessità, è giustappunto un’ottima tecnica per creare consenso!
In realtà l’unico vantaggio di chi lavora per Expo, sembrerebbe quello di essere immunizzato, esonerato da una “pericolosa” necessità naturale: quella della di impiegare le proprie energie per generare cooperazione e produttività sociale, di liberarsi dalle catene della lavoro salariato, di smettere di farci de-responsabilizzare e altrui determinare. (Bè, non è mai stato così semplice generare schiavitù se non convincendoci che la libertà è un pericolo per tutti noi.)
In particolare Expò viene presentato come un’enorme opportunità per la collettività, con la logica del ritardo e dell’emergenza siamo chiamati tutti a difendere l’orgoglio della nostra città, la nostra “milanesità”, la nostra “italianità”: va bene se fanno meno controlli, se gli operai non si imbragano, se lavoriamo gratis…se no “ci facciamo brutta figura””….ma chi?!?!? Non era Renzi quello che doveva “metterci la faccia”? E non è lo stesso che ci strozza con l’austerity? Quale milanese ha proposto la candidatura di milano per Expò? Chi ha deciso? Chi ci guadagna? Expò per chi? Non siamo la stessa squadra: c’è una squadra che vince sempre, da prima del fischio di inizio. Expò è un’opportunità solo per un’altra vittoria in partenza in più.
Tutto il mondo è paese…il Mondiale e altri mega eventi precedenti a Expò 2014.
Il dispositivo Expo non agisce solo a milano ma si inserisce all’interno di una pratica che, attraverso le varie forme che le grandi opere o i grandi eventi possono assumere, agisce contemporaneamente in tutto il mondo. Ovviamente essa assume forme e caratteristiche sempre diverse a differenza del paese in cui l’evento o l’opera prende forma, ma alla fine la sostanza resta la stessa, ossia un fortissimo processo di cementificazione e normalizzazione sociale, un vero e proprio modello, imposto a colpi di decreti e manganelli. È a partire da questo suo essere globale che secondo noi andrebbe analizzato expo o più in generale queste pratiche, dobbiamo infatti tracciare una linea che unisca i vari esempi che la storia ci offre, dobbiamo intuirne le similitudini, dobbiamo calarle all’interno di un discorso comune che riesca a coglierne a pieno le pratiche e i meccanismi che in ogni paese agiscono in modo diverso.
Per cominciare la nostra analisi partiamo da un esempio molto vicino a noi, ossia l’esposizione universale di Hannover 2000
L’Expo del 2000 era intitolato “uomo, natura, tecnologia – un nuovo mondo sorge”, ma ciò che è sorto da questa esposizione è solo una zona della città completamente abbandonata a se stessa (http://milano.corriere.it/…/expo-2000-sito-dimenticato-241a…) per la quale sono stati spesi miliardi di marchi, è sorto unicamente un nuovo modello di creazione di profitto, un profitto per i privati che nasce direttamente e unicamente dai processi di cementificazione e di sfruttamento della manodopera attraverso la sistematica promozione di contratti di lavoro volontario. Come già sta avvenendo a Milano anche ad Hannover le ottimistiche previsioni circa l’evento hanno permesso una forte legittimazione di queste pratiche. Peccato che le previsioni non siano state minimamente rispettate, per esempio gli organizzatori preannunciavano l’arrivo di circa 40 milioni di visitatori ma realmente ne arrivarono solamente 18 milioni creando un buco di entrate di circa un miliardo di marchi. Anche in Germania quindi possiamo notare come l’organizzazione di questo grande evento altro non è che l’ennesima occasione di arricchimento per politicanti e mafiosi, di devastazione dei territori e di intensificazione del controllo sociale, ovviamente tutto ciò sulle spalle di intere città che nell’immediato futuro si ritroveranno con debiti enormi e strutture fatiscenti.
Mondiali di calcio: Festa popolare o prove di repressione?
Ben nota a tutti è la condizione sociale di un Brasile insaguinato da una repressione generata da quello che doveva essere il trionfo della selecao , del futbol , uno sport che per i brasiliani è quasi più di una religione. Il mondiale più costoso della storia quello sudamericano, infatti la stima è di circa 14 mld di dollari tra infrastrutture, polizia, ristrutturazione e costruzione di stadi; trasformando una festa popolare in un oasi per speculatori e palazzinari. Nei mesi precendenti il mondiale si susseguono sfratti,retate e operazioni di vera e propria pulizia etnica nei confronti degli abitanti delle favelas e dei quartieri più poveri delle metropoli brasiliane per far spazio a grosse autostrade,areoporti e stadi che , dopo il mese scarso di mondiali , diventeranno solo grossi “white elephant” lasciati a degrado e disuso. Alla sollevazione popolare il governo “di sinistra” brasiliano reagisce con violenza e spregiudicatezza, caricando e sparando sui manifestanti senza volere trovare, appunto , una qualche forma di dialogo o compromesso con il popolo colpevole solo di aver perso la propria casa.
Ebbene si, il mondiale non è proprio come quello che ci fanno vedere negli spot della FIFA o nelle promotion delle PAYTV che ,spesso, prendono le sembianze di vera e propria tv propaganda usata da regimi ben noti.
Non è l’unico il caso dei mondiali brasiliani , infatti, la storia non è molto diversa per quanto riguarda i mondiali sudafricani del 2010. L’immagine date dall’informazione del potere era la solita : gioia , felicità benessere , libertà e via dicendo. Chiaramente non si poteva dire che la “democratica polizia sudafricana” assomigliava per metodi e brutalità alla polizia che vigeva durante l’apartheid , che furono tolti dalle città i venditori di strada, costretti a morire di fame perchè non consoni al modello dello stato vetrina che la FIFA e tutte le multinazionali ci vogliono inculcare. Chiaramente , a seguito del mondiale , tutte le strutture faraoniche costate soldi, tempo , agitazione sociale e repressione, rimangono cattedrali nel deserto simbolo di un consumismo che mai come adesso è stato lasciato a briglia sciolta.
Lo stesso potremmo dire degli europei in Grecia del 2004 , dei mondiali in Argentina , delle Olimpiadi di Pechino, dei giochi invernali di Torino.. ma la domanda è sempre la stessa.. perchè lo sport , da sempre appartenuto al popolo, diventa anch’esso merce di speculazione e terreno fertile per mafiosi e assetati di potere? Lo sport reale è quello popolare, dal basso , quello che si vive ogni giorno nelle favelas , nei campetti di periferia, nelle palestre autogestite , dove l’unico obbiettivo è quello di fare aggregazione, imparare a rispettarsi e a stare all’interno di una comunità.. questo è il NOSTRO sport.. questo è lo SPORT.
Aggiungiamo che ogni volta che un grande evento del genere, sportivo o non sportivo, è stato sbandierato come grande occasione si è sempre rivelata un’occasione per speculatori e governanti, nonchè nelle peggiori ipotesi addirittura il contrario dell’annunciato volano per l’economia: in Grecia da diverse voci si parla delle Olimpiadi come della goccia che ha fatto traboccare il vaso della crisi e trascinato il paese nel baratro.
Secondo uno studio della East London University, i Giochi (come altri grandi eventi internazionali) “sono presentati come opportunità di rigenerazione per la città che li ospita, ma finiscono col diventare uno spreco di risorse pubbliche e un ottimo affare solo per le speculazioni private”.
Secondo questa analisi, da Barcellona 1992 diventa “un vero e proprio business che, coinvolgendo in egual misura fondi pubblici e privati, comincia a generare corruzione”.
Barcellona 1992: nello stesso periodo gli investimenti nell’area di Madrid, grande la metà, sono stati due volte superiori” e i 3 milioni di dollari di attivo del bilancio del comitato organizzatore non tengono conto delle spese pubbliche sostenute, i cui ricavi non hanno minimamente bilanciato i costi. I prezzi delle case dal 1986 al 1992 sono aumentati fino al 240 per cento, costringendo molti abitanti ad allontanarsi dalla città. E per un porto turistico rilanciato alla grande, i costi di gestione sono in rosso.
dopo Barcellona 1992, Sidney 2000 ed Atene 2004 tutti i posti di lavoro temporanei non si sono tramutati in posti fissi, e la disoccupazione dopo un periodo di stallo è tornata a crescere ai livelli precedenti.
Anche Atene 2004 ha lasciato dietro di sé solo detriti. Secondo un’inchiesta del Daily Mail, ventuno dei ventidue siti olimpici di nuova costruzione sono rimasti inutilizzati dopo appena tre settimane dalla fine dei Giochi. E il costo di mantenimento di queste strutture costa al governo greco oltre 600 milioni di euro l’anno. Da aggiungere agli oltre 10 miliardi di fondi pubblici, sui 13 spesi in totale, utilizzati per le varie infrastrutture in vista dell’Olimpiade.
Più facile evidenziare le perdite. Partendo dai costi della pista da bob di Cesana (61 milioni di euro), dei trampolini del salto di Pragelato (34 milioni) e dello stadio di freestyle di Sauze d’Oulx (8 milioni). Colate di cemento rimaste inutilizzate che sono i simboli del fallimento dell’eredità delle Olimpiadi Invernali di Torino 2006 e della via italiana alla realizzazione dei grandi eventi. Così come l’ esborso di oltre 6 mila miliardi delle vecchie lire per le casse statali) effettuate per i Mondiali di Italia 90, dagli appalti gonfiati – costi lievitati in media dell’84 per cento rispetto alle previsioni iniziali – per la costruzione di stadi poco funzionali e già da rifare, terminali di aeroporti abbandonati, alberghi finanziati e mai completati, stazioni ferroviarie utilizzate per soli otto giorni e sale stampa demolite dopo una sola partita, gli unici a guadagnarci furono i palazzinari coinvolti nello scandalo degli appalti d’oro.
Come a guadagnare dai Mondiali di Nuoto del 2009 di Roma furono solo i componenti della ‘cricca’ dei vari Anemone, Bertolaso e Balducci. L’eredità dell’ultima via italiana ai grandi eventi è una sequela di processi in corso, cantieri sotto sequestro, ipotesi di infiltrazioni camorriste, colate di cemento, abusi edilizi e devastazione del territorio. Per i Mondiali di Nuoto del 2009 furono spesi 400 milioni di euro di soldi pubblici: molti dei quali per la costruzione il Palazzo dello Sport progettato da Calatrava a Tor Vergata, i cui costi inizialmente erano stimati in 65 milioni e ora sono lievitati ad oltre 600. Ovviamente il centro di Tor Vergata non è stato completato in tempo e non è stato utilizzato per i mondiali di nuoto, disputatisi al Foro Italico. E adesso Alemanno usa il suo scheletro come fiore all’occhiello per la candidatura olimpica di Roma 2020. (da il fattoquotidiano.it)
Anche sul fronte politico non va molto meglio per i grandi eventi in Italia, ci ricordiamo tutti le speculazioni abbandonate per il g8 che sarebbe dovuto essere alla Maddalena e quelle dell’Acquila affidata alle risa dei soliti Bertolaso e Anemone.
Nello sfacelo che ci circonda, nelle macerie in cui il mondo di Expò 2015, il mondo sempre più in miseria in cui il mondo di un neoliberismo per nulla in crisi ci vuole relegare, molte delle illusioni tipiche degli anni di crescita economica sono completamente distrutte. Di fronte ai tagli all’università e alla ricerca, di fronte all’inutilità effettiva dei titoli di studio per una brillante carriera lavorativa ogni sogno vero o effimero che sia perde giorno dopo giorno la sua ragion d’essere. Quando anche solo riuscire ad ottenere un mutuo (figuriamoci estinguerlo) diventa sfida ardua, quando avere una casa e una vita dignitosa diventa sempre più precario, quando essere assunti dopo lo stage è un miraggio, quando solo 1 su 1000 ce la fa e fin dall’inizio sai con buona probabilità che quell’1 non sarai mai tu, crolla definitivamente la speranza in ogni ambizione fornita come legittimazione di sè e produzione di consenso dal sistema neoliberista.
E chi ha lavorato per una vita e perde tutto o si suicida o si organizza,
E chi non ha mai messo nemmeno in conto di avere accesso al loro welfare, o emigra alla ricerca della pentola delle monete d’oro o prova a sviluppare pratiche di mutuo soccorso e autogestione,
E chi ha studia e ricerca e di colpo si trova in mano un pezzo di carta straccia, magari trova persino la sua tesi tra i rifiuti Unimi, chi potrebbe forse anche trovare uno sbocco per il proprio sapere, ma solo a patto di lavorare per il profitto altrui e per un modello di sviluppo tossico e nocivo per tutti o si convince che è stato tutto inutile, o si allinea senza fiatare oppure sperimenta meccanismi di autovalorizzazione per un sistema differente e migliore possibile, insieme ad altri e a servizio dei territori resistenti.
Expò non è solo un grande evento, non è solo 6 mesi, non è solo Milano. Ma non è nemmeno soltanto precarietà, mafia, speculazione, cementificazione, controllo, normazione. Expò è tutte queste cose insieme. E’ il loro mondo che si mentre in mostra ed è uno dei dispositivi con cui allo stesso tempo plasmano quel mondo. Un dispositivo particolarmente efficace, perchè è la pillola indorata con cui ci fanno amare tutto questo.
Noi crediamo che nella disillusione si radichi la possibilità della soggettivazione, dell’organizzazione, dell’incontro, della disperazione che si trasforma in rabbia costituente.
Non profitto per loro ma autovalorizzazione del general intellect.
Non cemento per i palazzinari, ma un tetto per tutti.
Non grandi opere e maxi eventi che devastano e saccheggiano, ma territori resistenti e solidali dove si sperimentano assieme differenti forme di vita e uno sviluppo che cresca a misura dei bisogni di chi li vive.
La sfida è quella di essere partigiani e di essere in tanti, esser epartigiani significa rifiutare e combattere il loro Expò e quindi il loro mondo e il loro modello di sviluppo, significa costruirne uno differente.
Se Expò è un’opportunità per qualche privato, pochi ricchi, per il Loro modello che si rafforza, è lo stesso dispositivo che dobbiamo sovvertire.
Let’s make our expò, allora! Costruiramo territori resistenti e di mutuo soccorso, costruiamo un’expò che non sia una vetrina, ma scambio, relazione, dimostrazione che sì, si può fare. A chi pensa che expo porterà soldi per tutti non possiamo che rispondere che gli scandali legati alla mafia negli appalti non sono riconducibili a qualche mela marcia, ma alla complessità di un sistema, che dalla tav o dal ponte sullo stretto è evidente chi trae profitto e che in grecia all’inizio della crisi usavano la stessa retorica con le olimpiadi, in Brasile coi mondiali…si è visto poi… .
Studiamo tutti tante cose diverse filosofia, storia, beni culturali, scienze umane per l’ambiente, lettere, lingue, scienze politiche, mediazione, sociologia, ingegneria, urbanistica, architettura, matematica e molto altro.
Abbiamo un portato potenziale di intelligenza collettiva incredibile. Le nostre competenze, la nostra voglia di ricerca e sperimentazione può essere incanalata per gli interessi di chi devasta l’ambiente, acuisce le diferenze tra chi sta bene e chi muore di fame, chi ridisegna le città a colpi di gentrification.
La cultura dominante, ufficiale e accademica ci fa pensare che sia questo lo sbocco naturale del nostro sapere, per altro a pochi euro.
A noi piace pensare che la crisi dell’immaginazione non sia cosi imperante, che oltre al modello della finanza, dell’austerity, di renzi ed expo ne esistano altri possibili. Ognuno di noi ha tanto da dare, costruendo comunità resistenti e ricerca autonoma.
Sí, anche nel cemento di milano.
Dire di no all’Expo non basta. Trasformare expo in una possibilità rivoluzionaria è la sfida: let’s make our expo!
Cosa rimarrà dopo expo?!?
Cemento e contratti schiavisti se lasciamo fare a loro.
Mutuo soccorso, riappropriazione e sperimentazione di autonomia e felicità se facciamo noi.
Organiziamoci insieme!