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>> 13 DICEMBRE, H.15, PIAZZA XXIV MAGGIO: CORTEO CITTADINO / SPEZZONE METICCIO! >> 12 DICEMBRE, H.9,30, PIAZZA CAIROLI: CORTEO STUDENTESCO, SCIOPERO GENERALIZZATO! RIPRENDIAMOCI PIAZZA FONTANA, #CULTURAGRATIS!
tappe di avvicinamento:
> Giovedì 4 Dicembre, h.18, Piazza San Babila: Corteo cittadino per il diritto alla casa / Comune, Aler e Regione il problema siete voi, l’emergenza è quella abitativa!
> Venerdì 7 Dicembre, h.15, Piazza della Scala: dai quartieri al centro città, accerchiamo la festa della casta!
> dall’8 all’11 Dicembre: settimana di mobilitazione e assemblee nelle scuole! pwd by Coordinamento dei Collettivi Studenteschi
> Martedì 9 Dicembre, h.15 @ Università Statale (via festa del Perdono): Incontro pubblico “BOMBE, CONDOR E COLPI DI STATO: la governance della tensione tra Italia e Sud America dagli anni ’60 ad oggi” con professor Saccoman (storia contemporanea, Bicocca), ass.di promozione culturale Pachamama, Javier Espinal (Fruente de la Resistencia Popular, Honduras)
> Mercoledì 10 Dicembre, h.18,30 @cantiere: incontro pubblico: “Rivolte meticce e rigurgiti nazionalisti”, Ferguson, Francia, Italia, con l’americanista Bruno Cartosio e Pierre Jestin de “Le Monde Diplomatique”.
SCUOLE, UNIVERSITA’, QUARTIERI
MILANO METICCIA CONTRO IL RAZZISMO E LA CASTA DELL’AUSTERITY!
Il 12 dicembre 1969 una bomba scoppiava in piazza Fontana, nella sala centrale della Banca dell’Agricoltura. Quella bomba apriva la Strategia della tensione, il tentativo del potere di fermare attraverso la paura quei movimenti che allora, in Italia come altrove, rivendicavano diritti, autodeterminazione, e accesso a un benessere che non fosse solo per pochi.
Il braccio armato di questa strategia erano i movimenti neofascisti, in particolare Ordine Nuovo (di cui era membro lo stesso Borghezio), gli stessi neofascisti che oggi vediamo nelle piazze a fare il servizio d’ordine della Lega di Salvini. Allora, a milioni di persone che volevano diritti, che pretendevano l’accesso all’istruzione e alla sanità gratuita, che volevano poter decidere liberamente sul proprio corpo, sul proprio orientamento di genere e sessuale, che rivendicavano autodeterminazione per le persone e i territori, si è risposto con il terrore. Oggi, vediamo lo stesso potere smantellare a colpi di leggi e decreti diritti e stato sociale, privatizzando e svendendo qualsiasi cosa (dalla scuola, alla sanità, all’edilizia popolare…) negli interessi dei soliti noti, mentre al malcontento generale e alla richiesta di diritti si risponde fomentando la guerra tra poveri, razzismo, sessismo, omofobia.
Davanti a tutto ciò, una domanda sorge spontanea…
“Chi decide?” hanno cominciato a chiedersi qualche anno fa migliaia di persone di fronte ai cataclismi finanziari globali.
“Chi decide?”  ci siamo chiesti in tantissimi davanti alle devastazioni territoriali che dalla val Susa alla Milano di Expò permettono ai soliti noti di guadagnare sulla pelle di tutti e buttare tantissimi soldi pubblici.
“Chi decide?” Ci chiediamo tutti a ogni rimpallo di responsabilità di fronte a ogni sgombero, ogni sfratto, ogni taglio, ogni accordo siglato negli anni della crisi ormai totale della rappresentanza.
Chi decide lo smantellamento dei diritti, la privatizzazione di ogni bene comune, così funzionali a un sistema basato sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse, sulla precarizzazione delle vite e la distruzione di ogni futuro possibile?
La guerra tra poveri, su cui soffiano le derive razziste, xenofobe e neofasciste (dalla Lega a Casa Pound passando per Fratelli Italia e altri gruppuscoli) serve solo a coprire le responsabilità, a non rispondere alla domanda, puntando il dito contro migranti, occupanti di casa per necessità, omosessuali, così come 45 anni fa si faceva con gli anarchici.
Nel frattempo, al Ballo Mascherato, governi e coalizioni bipartisan si spartiscono il bottino, togliendo reddito,casa, accesso all’istruzione a chi non se lo può permettere: il lavoro volontario di Expo, i contratti a termine come modello unico rimasto, il JobAct che Renzi vuole approvare a colpi di fiducia entro dicembre, sanciscono spudoratamente un notevole salto di qualità sul fronte dello sfruttamento del lavoro e della negazione di ogni diritto. O meglio, con la logica dell’emergenza, grande evento o crisi che sia, il potere non si preoccupa più nemmeno di addolcire la pillola: vuoi tirare a campare? Vuoi sperare di ricevere, almeno in futuro, qualche briciola? Bene, lavora a capo chino senza fiatare o meglio, produci pure gratuitamente e senza la minima garanzia per i profitti miliardari di pochi.
Allo stesso modo, il piano casa nega qualsiasi diritto, anche i più elementari, a chi oramai si trova stritolato dalla crisi e sempre più povero: no acqua, luce gas, nessun medico di base o istruzione elementare per chi è costretto ad occupare una delle migliaia di case vuote o sfitte per non rimanere in mezzo ad una strada (magari pure allagata come succede spesso a Milano) con la propria famiglia. Allo stesso tempo concede sgravi e agevolazioni ai grossi palazzinari.  A Milano il diritto all’abitare viene sostituito dalla finta e strumentale emergenza securitaria e gestita con l’annuncio di 200 sgomberi in una settimana (5000 euro a sgombero!) e i lacrimogeni sparati in faccia a chi resiste, mentre politici il cui stipendio mensile corrisponde a quello annuale di molte famiglie fanno passerelle nei quartieri “contro il degrado”. Anche qui, spazio per illusioni ne rimane ben poco. Occuparsi dei propri quartieri, resistere a sfratti e sgomberi, estendere la solidarietà è necessario. Sanatoria immediata, assegnazione dello sfitto, abolizione del piano casa di Lupi sono parole d’ordine vitali per migliaia e migliaia di persone.
#Labuonascuola è la riforma sbandierata sull’istruzione. Al danno dell’ulteriore precarizzazione e aziendalizzazione cui la scuola è ormai abituata, si è aggiunta anche la beffa della tanto sbandierata consultazione democratica che questa, invece che su Twitter, sia avvenuta a base di gas cs e manganellate in tutta Italia contro gli studenti che reclamano investimenti su scuola e cultura ,contro ignoranza e razzismo. Peccato che il simbolo dell’ ”apertura” del ministero Giannini sia stato il MIUR completamente circondato da polizia e carabinieri in antisommossa il 15 novembre. Così come la chiusura di piazza Fontana al termine del corteo dello sciopero sociale del 14 novembre ha anche questo sapore: durante uno sciopero generale e sociale, contro le riforme di lavoro e miseria, viene blindata la piazza simbolo della strategia della tensione che a quasi 45 anni di distanza da oggi attaccava i movimenti che pretendevano diritti e dignità per tutti. Negare memoria e cultura è necessario per negare libertà di movimento e diritti.
Ricordarsi la strage di piazza Fontana e della strategia della tensione, quindi, è di grosso aiuto nel comprendere quanto sia in balia degli interessi di pochi lo spazio “democratico” per i diritti e le libertà, mentre con l’acuirsi della crisi neanche ci si preoccupa di nasconderlo. Dopo anni che non si vedevano, a Milano tornano di moda i gas cs proibiti all’uso in guerra per la nocività, ma in pochi giorni sparati in mezzo ad una piazza gremita di studenti e ad altezza uomo in faccia agli abitanti dei quartieri popolari. Cariche e manganelli non sono più fatti isolati, ma diventano la prassi di fronte ad ogni focolaio di rabbia legittima: dai cancelli della logistica ai cortei metalmeccanici, dai cortei studenteschi ai picchetti antisfratto.
“is this what democracy looks like?” qualcuno poteva chiedersi. “This is what democracy looks like”: tagli a scuola e diritti; negazione di dignità e libertà; uomo forte al potere, Renzi o chi per esso è uguale, che non si preoccupa più di affermare spavaldo “io non tratto coi sindacati”; lavoro gratis e niente casa; manganelli e gas come unico strumento di fronte ad ogni problema sociale; guerra tra poveri e razzismo come unica fonte di consenso bipartisan…peccato che poi a Roma bimbi migranti vengano tenuti fuori dagli asili, a Tor Sapienza l’esasperazione sfoci nella vergogna della sassaiola su un centro minori, a Milano tornino per la prima volta dopo il 1945 i saluti romani in piazza Duomo, legittimati dal becero corteo leghista dal titolo #stopinvasione.
Odiamo il razzismo, il fascismo vecchio e nuovo, la violenza di chi nega i diritti e poi pure manganella e gasa.
Amiamo la libertà, i quartieri meticci, i territori solidali, il mutuo soccorso come resistenza e prospettiva.
Il 12 e il 13 dicembre, nel 45esimo anniversario della strage neofascita e di Stato alla banca nazionale dell’agricoltura ripuliremo piazza Duomo, contaminata dalle nuove camicie verdi e nere;  ci riprenderemo Piazza Fontana, chiusa agli studenti il 14 novembre, per riprenderci un pezzo di memoria partigiana, per sancire che di ogni emergenza i responsabili sono loro, che non accetteremo di veder affrontate le questioni sociali come problemi di ordine pubblico.
Oggi come ieri il problema sono i diritti: Jobs Act, #buonascuola, #pianocasa, gestione cilena dell’”ordine pubblico”. “Chi decide?” è una domanda sempre più sbilanciata a favore di pochissimi che nemmeno più si preoccupano di illuderci del contrario. La strategia della tensione del ’69 era il preludio di un colpo di stato e di una chiusura autoritaria di ogni diritto e garanzia: oggi riprendersi piazza Fontana, la città tutta e i nostri diritti significa non essere disposti a cedere neanche un millimetro di libertà.

 

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