Frontex, esternalizzazione delle frontiere, Patto UE-Turchia, Migration Compact, Guardia di costiera e frontiera europea.
Istituita con un regolamento del Consiglio dell’Ue nell’ottobre del 2004, operativa dal maggio del 2005, Frontex aiuta gli stati membri a eseguire in modo sempre più efficace il controllo delle proprie frontiere esterne e il rimpatrio delle cosiddette persone in soggiorno irregolare. Per svolgere questo compito ha ricevuto dai governi europei ampia libertà: libertà di non rendere conto del proprio operato, libertà anche di non rispettare i diritti fondamentali delle persone intercettate alle frontiere dell’Ue o espulse dal territorio europeo.
Naturalmente parlare di rispetto di diritti fondamentali durante un’operazione di rimpatrio forzato è un po’ come discutere del modo più civile di applicare la pena di morte: obbligare una persona a lasciare il paese in cui si trova e a tornare in un paese dove non vuole vivere è di per sé una violazione di un suo diritto fondamentale.
Uno dei risultati raggiunti dagli stati membri con la creazione di Frontex dieci anni fa è proprio questo: dare corpo a un nemico che non esiste, rafforzare l’idea che l’approccio militare alle questioni della migrazione e dell’asilo sia non solo giusto, ma inevitabile.
Piano piano la Fortezza Europa va sempre più in una direzione che è quella dell’esternalizzazione delle frontiere, in modo da allontanare “il nemico” dal cuore dell’Europa creando dei bacini ai suoi confini in cui i migranti rimangano bloccati, senza poter procedere nel loro viaggio. A confermare questa tendenza è stato il patto tra UE e Turchia per finanziamenti di 6 miliardi alla Turchia da parte dell’Unione Europea in cambio del mantenimento dei profughi in Turchia, bloccandoli prima che avessero accesso in Europa e, nel caso, rimandandoli in Turchia dalla rotta balcanica.
A Renzi è piaciuto particolarmente questo patto con uno dei governi più fascisti contemporanei, che oltre a continuare il genocidio della resistenza curda, sta reprimendo qualsiasi forma di dissenso soprattutto dopo il “fallito golpe” di quest’estate, tant’è che al vertice europeo di fine giugno ha portato come proposta di politica europea il cosiddetto “Migration Compact”. Questo prevederebbe la replica del patto con la Turchia con i Paesi africani da cui arriva la maggioranza dei migranti, esternalizzando al massimo le frontiere e “cooperando” con questi ultimi sui sistemi di controllo e di sicurezza, e chiaramente sui rimpatri. A questo proposito, il 14 settembre 2016 è nato ufficialmente il Corpo europeo di guardia costiera e di frontiera, che entrerà in funzione a metà ottobre e dovrà istituire “un parco di attrezzature tecniche da impiegare nelle operazioni congiunte, negli interventi rapidi alle frontiere e nell’ambito di squadre di sostegno per la gestione della migrazione, nonché in operazioni e interventi di rimpatrio”.
Finmeccanica Leonardo, l’azienda britannica Bae Systems e il gruppo francotedesco Airbus sono i tre produttori che, insieme alla francese Thales, traggono maggiori profitti dal rafforzamento dei controlli alle frontiere europee e dalla cooperazione con i paesi terzi per bloccare gli “indesiderati” diretti in Europa. Sono loro i principali vincitori di queste “guerre di frontiera”, titolo di un rapporto pubblicato a luglio del 2016 dal Transnational Institute e dall’ong Stop Wapenhandel. Aziende che, da un lato, alimentano i conflitti nei Paesi di origine di tanti profughi vendendo armi a regimi repressivi e corrotti, dall’altro alimentano l’idea che le frontiere europee siano minacciate da questi stessi profughi, assicurandosi così un nuovo, lucroso mercato.
Tra queste, però Finmeccanica è l’unico ad avere un rappresentante proveniente dalle istituzioni europee: Massimo Baldinato.
Insomma, “I migranti sono il carburante dell’industria della sicurezza”.
Contributi:
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