La popolazione civile di Kobane, la città che ha intrapreso una storica resistenza contro la brutale invasione dei terroristi di Daesh nel 2014 e faro della resistenza e della vittoria contro i terroristi di Daesh al nord della Siria, ha iniziato una protesta pacifica al confine tra la città di Kobane e la Turchia il 24 di Agosto, nel momento in cui la Turchia ha iniziato a costruire un muro di cemento al confine e quando ha iniziato l’invasione di Jarablus al nord della Siria.
Lo scorso 2 settembre quando le persone sono tornate al confine per continuare la loro protesta pacifica, i soldati turchi hanno superato il confine e hanno attaccato la popolazione con lacrimogeni, idranti e proiettili. Due morti e oltre novanta i feriti. La resistenza della città di Kobane è iniziata immediatamente e con mezzi di fortuna la popolazione ha risposto allo sparo di proiettili e lacrimogeni; se fino alla sua liberazione da parte delle Ypg la Turchia si era “limitata” a sostenere, rifornire e agevolare i combattenti del Califfato che la assaltavano, ora Ankara ha deciso di intervenire direttamente contro la città simbolo della resistenza curda.
Le azioni militari di Ankara sono il tentativo di impedire la nascita di un territorio curdo unito lungo il confine con la Turchia, oltre che la forza della resistenza dei curdi all’interno del Paese.
L’esercito turco si è impegnato in attacchi aerei e in bombardamenti di zone civili, uccidendo almeno 45 persone in due villaggi a sud di Jarablus. Secondo rapporti locali e filmati ricevuti, le forze dello Stato turco e i loro complici stanno utilizzando armi chimiche.La realtà della situazione è che gli Stati Uniti e l’Europa non solo hanno chiuso un occhio su questi attacchi, ma alcuni Stati hanno persino dichiarato il loro sostegno all’operazione dello Stato turco.
In Siria e in Iraq è in atto una spartizione tra potenze che vede l’interesse economico prevalere sulle istanze ideologiche e democratiche: su questa logica è spiegabile l’offensiva Scudo Eufrate della Turchia nel territorio siriano. L’operazione era in preparazione da almeno due anni, ma 15 mila soldati di Ankara sono potuti entrare nelle terre di Bashar al Assad solo dopo la pax siglata tra il presidente turco Erdogan e l’omologo (ed ex nemico) russo Vladimir Putin. Usa, Ue, Turchia, Russia, Iran e Siria medesima, tutti amici tranne che dei curdi: la contropartita per tornare a far andare d’accordo tutte le potenze che con guerre per procura si contendono i territori in Medio Oriente è stata smettere di appoggiare i curdi di Kobane.
L’area di Jarablus, e in generale tutta la regione a Ovest sopra Aleppo, era nelle mire turche dall’esplosione della Primavera araba; In diverse occasioni Erdogan ha cercato di penetrare la zona dal 2011. Il suo presidio militare piazzato adesso con il placet internazionale ha bloccato la costituzione di una fascia unica controllata dai curdi della Rojava da Efrin, a Nord Ovest di Aleppo, fino al cantone orientale di Cirize, attraverso Kobane: uno spettro, se realizzata, non solo per la Turchia confinante, ma per il regime di Assad. Contenere la presa di forza dei curdi torna infine utile anche all’Iran, che nel suo Nord-Ovest evita volentieri il risorgere le istanze separatiste curde.
Amici e nemici vogliono scongiurare il profilarsi, all’orizzonte, di uno Stato curdo tra Iran, Iraq, Siria e Turchia.
La resistenza curda, a partire dalla città di Kobane, è un esempio per le lotte di tutto il mondo e da tutto il mondo dobbiamo esprimere solidarietà per una lotta che crea ogni giorno altri mondi possibili.
Contributi:
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