Lo stesso giorno in cui si aprivano le porte, da tanti anni serrate, di via Monterosa 84, vinceva di nuovo le elezioni Il caimano, il rais, il farabutto che ha governato l’Italia come un personale capriccio. Oggi ha lasciato il posto ai fantocci, manco eletti, degli uffici delle tecnocrazia europea, con cui ha trovato in fondo un accordo tra gentiluomini scambiando il paese per il patrimonio.
Noi oggi, come allora abbiamo modo di godere i frutti di “questa democrazia, che a farle i complimenti ci vuole fantasia” e di pensare che solo con la partecipazione, dal basso e in autonomia si può costruire una politica che sia sinonimo di dignità.
Allora, come poi sempre, la nostra storia è anche quella dei collettivi studenteschi: giovani ribelli mossi dal desiderio e non dal calcolo, organizzati dentro a una rete di cooperazione e azione collettiva. Oggi come allora se nelle sedi dei potenti della città possono spuntare studenti furiosi e pieni di ragioni è anche grazie al Cantiere: le lotte contro i buoni scuola, la resistenza accanita contro le riforme Berlinguer, Moratti, Gelmini, contro il disegno di svuotare di contenuti i programmi, diffondere ignoranza e favorire l’analfabetismo funzionale per soffocare ogni spirito critico. Molte onde si sono scagliate a difesa della libera circolazione diffusione dei saperi e del diritto per tutti di conoscere, studiare, ricordare. Il fatto che la battaglia sia interminabile (e spesso non vittoriosa) non significa che abbiamo smesso di combatterla, ad esempio contro la cosiddetta “Buona scuola” del governo Renzi.
15 anni di divenire meticcio della città che è stato anche un nostro divenire meticci. La Milano che si vanta di avere il “Cuore in mano” accoglie da sempre: perché così vuole il suo sistema produttivo che voracemente inghiotte le energie e la vita di chi viene fin qua a cercare una speranza, partendo dai molti Sud. Tutti i Sud che compongono la storia della demografia di questa metropoli che vorrebbe essere europea, ma forse non ha fatto a tempo a diventarlo ed oggi guarda l’Europa chiudersi dentro ai muri, dimenticare la sua storia ed assomigliarle sempre di più.
Così abbiamo intrecciato al ritmo della musica hiphop il rifiuto di quel razzismo che al tempo della crisi evoca l’orgoglio identitario. A chi dice che “si stava meglio quando si stava peggio” abbiamo sempre risposto che nel ribellarsi al presente non bisogna scordare come “il passato sia un futuro di merda”.
15 anni di un calendario ritmato dalle stagioni più vive di mobilitazioni studentesche e dalle battaglie autunnali, quando fermare sfratti e sgomberi diviene un imperativo, con l’inverno alle porte; dal 25 Aprile, dal 12 Dicembre quando bisogna dare fiato alla Milano che non dimentica e non vuole imbalsamare la propria storia in una teca, dimenticando ogni lezione; dagli anniversari di Dax, di Abba e di Michele quando la città ricorda i suoi figli uccisi dal fascismo, dal razzismo o dall’ingiustizia
15 anni di lotte per i diritti di tutti, dai rifugiati ai precari, dai movimenti lgbtqi a chi lotta nel suo paese contro una occupazione militare o una dittatura fascista, da chi rivedica reddito a chi rivendica un tetto. Fra questi ultimi abbiamo incontrato le energie vive per animare il Comitato degli abitanti di San Siro e sperimentato cosa significa quando la solidarietà si fa carne in un quartiere che rifiuta, con tutte le forze e non senza difficoltà, di esser un ghetto, per diventare invece un luogo di moltiplicazione di esperienze sociali di base e di relazioni interculturali.
15 anni in cui il cantiere è stato anche incubatore di vite ed esperienze, di relazioni e idee, di progettualità politiche e sociali, di spazi di mutuo soccorso, di intraprese collettive e coraggiose portate avanti non solo a Milano da noi, che non scriviamo oggi per attaccarci una spilletta, o per sentirci un po’ più anziani, ma per stringerci (anche a distanza) in un abbraccio collettivo che ci dia un’altra volta la forza di sapere che assieme si arriva più lontano di dove si sarebbe arrivati da soli.
Abbiamo cercato le strade dell’esodo e quelle dell’organizzazione del conflitto sociale. Costruire un altrove mentre rivendichiamo un cambiamento possibile, rispondere concretamente ai bisogni sociali di una comunità per ridare fiato alle lotte generalizzate. Per questo ci siamo sentiti delle società di mutuo soccorso, in questi anni in cui il welfare è stato smantellato ed il neoliberismo ha trionfato: fetido intreccio “ritorno alle origini selvagge” del capitalismo e comando iper-tecnologico.
Tra i tanti che ci hanno (o che abbiamo) consigliato, accompagnato, amato c’è una voce che ogni volta insiste: ricostruite le vostre astronavi.
La crisi continua ad approfondirsi. Assieme alla guerra blocca ogni possibilità. Ma è davvero così? E comunque, anche se lo fosse, potremmo accettarlo? Quello che sappiamo è che solo dal basso possiamo reagire.
Per quante forme possano avere le nostre astronavi vi invitiamo a costruirle assieme a noi e salire a bordo.