Il 31 marzo più di un milione di persone hanno invaso le piazze francesi contro la riforma del codice del lavoro, conosciuta anche come legge El-Khomri. Si sono mobilitati lavoratori, studenti universitari e liceali in più di 260 città d’oltralpe. Con orari e modalità diverse, il paese è stato scosso dalle iniziative di protesta che si sono saldate con lo sciopero dei lavoratori dei trasporti. La confluenza delle lotte di soggetti sociali differenti dimostra che l’obiettivo di queste mobilitazioni non è la protesta contro la riforma del lavoro in sé, ma che ci sono obiettivi più alti che vanno ben oltre il riformismo. Si tratta di un movimento eterogeneo che anche se nato da poco si pone obiettivi che riguardano un cambiamento dello stato di cose presenti a tutto tondo, dalle scuole alle università, dai posti di lavoro alle strade, dalle vie centrali di Parigi alle banlieue. Certamente la potenza di queste proteste va ricercata nel rifiuto dello stato d’emergenza, nell’esigenza delle persone di poter scendere in piazza per parlare e comunicare, rifiutando di stare chiusi in casa per la paura che i governi diffondono nelle città d’Europa, e soprattutto in Francia dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre. Subito dopo i fatti di Parigi, Hollande ha dichiarato di voler chiudere le frontiere per far fronte all’allarme terrorismo, additando i migranti come colpevoli, e il giorno successivo la Francia ha bombardato Raqqa in nome della guerra all’ISIS. Immediatamente è stato istituito lo stato d’emergenza. Lo scopo di un governo è quello di tenersi il potere, e si sa: porsi da garanti della sicurezza è lo strumento più forte per raccogliere il consenso delle persone, soprattutto quando le persone hanno paura. Questo il gioco del governo, ma la risposta è arrivata.
“Nuit Debout” (“Notte in piedi”) lo slogan del movimento che la notte del 31 marzo ha occupato tante piazze in tutta la Francia e Place de la Republique a Parigi, dando vita a numerosi e animati dibattiti. “Scriviamo la costituzione di una repubblica sociale” ha detto Frederic Lordon, designato come leader del movimento, nel suo discorso. E ancora “Questa è la grande sfida del nostro movimento. Non è un movimento rivendicativo, questa è la grande novità. Non rivendichiamo il ritiro della legge El Khomri. In fin dei conti, questa legge non ci interessa! Questa legge è stata il detonatore di molte altre cose, assai più importanti. Anche se ritirassero la legge, anche se il governo si dimettesse, noi rimarremo, perchè ciò a cui aspiriamo va oltre: non vogliamo rivendicare più, ma affermare. Affermare nuove forme di lavoro e nuove forme di politica.”
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