Il 10 di Aprile 2016 ci saranno le elezioni peruviane. PARTECIPA AL DIBATTITO L’8 APRILE
In questo momento la prima candidata nei sondaggi è Keiko Fujimori, figlia dell’ex dittatore Alberto Fujimori. Tra il 1980 e il 2000 il Perú ha vissuto un conflitto armato interno che ha causato un numero elevatissimo di violazioni dei diritti umani.
All’inizio degli anni ’80 si svilupparono due formazioni di guerriglia: Sendero Luminoso, di ispirazione maoista, e il Movimento rivoluzionario Túpac Amaru a questa minaccia, lo stato peruviano rispose applicando una “Dottrina di sicurezza nazionale”, che prevedeva una sistematica strategia del terrore nei confronti della popolazione civile.
L’analisi della violenza nel paese andino stima in più di 69.000 le vittime (tra morti e desaparecidos) della violenza politica e della repressione statale e mette in luce il fatto che tre quarti di queste erano contadini e indigini.
Tra il 1983 e il 1984, nel tentativo di sconfiggere militarmente Sendero Luminoso, le forze armate organizzarono vaste incursioni nelle zone occupate dalla guerriglia, in particolare in quelle rurali. In quel periodo, furono distrutte intere comunità di contadini, in una serie di massacri sistematici e indiscriminati di civili, senza distinzione di età, sesso e condizione. Solo in quel biennio si registrarono quasi 20.000 vittime.
Nel periodo che va dal 1985-1990 la repressione si estese anche nelle città. Si formarono gruppi paramilitari stabili, che agivano seguendo l’esempio di quelli che avevano operato durante la dittatura militare in Argentina. Particolarmente gravi furono gli episodi del giugno 1986: le forze governative uccisero centinaia di persone nelle carceri. Non si è mai potuto stabilire il numero dei reclusi assassinati, che furono poi interrati in fosse segrete anziché essere restituiti alle famiglie, né vennero accertate le responsabilità individuali di questi massacri. Nel 1996, la Commissione interamericana dei diritti umani riconobbe la responsabilità dello stato peruviano. Sotto il governo di Alberto Fujimori (1990-2000), si entrò in una nuova fase di violazioni dei diritti umani. Dopo i primi due anni di governo costituzionale, Fujimori il 5 Aprile del 1992 attuò un golpe incruento esautorando le camere e la Corte suprema. Parallelamente, avviò una lotta senza tregua contro Sendero Luminoso, Fujimori venne rieletto con la maggioranza assoluta nel 1993 e nel 1996. All’indomani delle ultime elezioni, il suo governo concesse l’amnistia ai poliziotti e ai militari impegnati nella guerra al terrorismo, senza tener conto del fatto che essi erano responsabili di violazioni dei diritti umani. Fu in quegli anni che venne costituito uno squadrone della morte conosciuto come “Gruppo Colina”, sotto il controllo dell’ex capo dei servizi segreti Vladimiro Montesinos, attualmente sotto processo con decine di imputazioni. Vladimiro Montesinos si formò nella Scuola delle Americhe, a Panama. Una scuola organizzata dalla CIA per formare personale dei servizi segreti e militare alla guerra non convenzionale. Qui si formarono i servizi segreti di numerosi paesi sudamericani, e l’applicazione di questo metodo di risposta ai movimenti sociali la si vide non solo in Perù ma anche in Argentina (con la dittatura di Videla), Cile (con la dittatura di Pinochet) e Uruguay Fujimori , è stato riconosciuto come il mandante delle stragi dei “Barrios Altos” e dell’Università La Cantuta che fecero 25 vittime tra il 1991 e il 1993.
Le mattanze furono commesse dallo «squadrone della morte» paramilitare «Gruppo Colina», controllato dallo stesso Fujimori durante il suo mandato. La politica fascista non si espresse solo attraverso la repressione della guerriglia etnica di conseguenza anche dei movimenti sociali, ma si manifestò in una deriva razzista che individuava nelle zone rurali e nelle popolazioni indigene un problema sociale, perché possibili soggetti di ribellioni. Diciassette anni fa il ex-presidente del Perù, Alberto Fujimori, col forte sostegno dell’amministrazione Clinton, aveva ordinato l’avvio nel suo Paese della campagna nazionale di sterilizzazione. Almeno 300 mila donne prima sono state sottoposte da grigi funzionari a vessazioni, abusi verbali e minacce: tra le altre cose, è stato loro detto, che, nel caso non si fossero presentate, ai loro figli sarebbe stata negata qualsiasi cura medica ed ogni assistenza alimentare. Poi queste derelitte sono cadute nelle mani delle cosiddette “squadre mobili per la sterilizzazione” sul modello cinese, squadre spesso composte da medici e infermieri privi di esperienza in ostetricia e ginecologia. Molte di loro sotto costrizione. Alcune sono morte. Fujimori è le “squadre mobili” si sono, infatti, accanite contro gli abitanti dell’altopiano e delle valli montane andine, ove risiedono i discendenti degli antichi Incas e gli indigeni Quechua tra le violazioni dei diritti umani sono compresi stupri, schiavitù sessuale, prostituzione, gravidanza o sterilizzazione forzate, nonché qualsiasi altra forma di violenza analoga. Eppure, contro ogni evidenza, il pubblico ministero peruviano, Marco Guzman, ha lasciato cadere anche queste accuse, dicendo di non esser convinto che le sterilizzazioni forzate fossero «diffuse e sistematiche». In realtà, lo erano. Fujimori e le privatizzazioni: Mentre il governo millantava nazionalismo e welfare state, lentamente, coperto dalla corruzione dei mezzi di comunicazione, furono vendute a pezzi le principali risorse del paese, applicando quelle direttive neoliberiste del FMI, che appoggiava il regime, garantendosi la politica clientelare: furono privatizzate le imprese elettriche (68%), le concessioni minerarie (90%), le industrie manufatturiere (85%) e quelle di estrazione di idrocarburi (68%), per un introito di circa 9221 Milioni di dollari, di cui oltre 45% fu speso per comprare armamenti e pagare il debito estero. Fujimori e il traffico di droga: Furono trovati 196 chili di cocaina nell’areo presidenziale, due navi della Marina con più di 100 chili di cocaina in ciascuna di esse, fu provato l’uso di elicotteri nelle zone del VRAE e di Alta Huallaga per spostare cariche piene di PCB (Pasta basica de Cocaina) Il Perù in quegli anni fu un narco-stato. Vladimiro Montesinos fu partner del potente cartello di Tijuana , e al loro legame è attribuito il traffico di circa 18 Tonnellate di cocaina. Nel settembre del 2000, vennero alla luce i “VladiVideo”: video registrati dallo stesso Vladimiro Montesinos in cui vengono mostrati i momenti in cui lui, per conto del regime, corrompeva dirigenti politici, d’imprese, di media peruviani e di enti locali, affinché si mettessero sotto il controllo del regime. Dopo lo scandalo dei VladiVideo, Montesinos scappò fuori dal paese, e pochi mesi dopo Fujimori lasciò il potere e abbandonò il paese, rinunciando al potere attraverso un fax inviato dal Giappone. Per alcune delle violazioni commesse sotto il suo governo, il 7 aprile 2009 Fujimori (nel frattempo estradato dal Cile in Perú), è stato riconosciuto colpevole di crimini contro l’umanità e condannato a 25 anni di carcere da una sezione speciale della Corte suprema. Per la prima volta nell’America del Sud, un ex capo di stato è stato giudicato e condannato per gravi violazioni dei diritti umani da un organo di giustizia del proprio paese. Alcuni casi che mostrano al meglio il “terrorismo di stato” messo in atto da quel regime: Susana Higuchi: Ex prima dama del regime fujimorista denuncia apertamente le torture alle quali era sottoposta dopo avere scoperto la mafia delle ONG fantasma create dalla famiglia Fujimori per derubare i soldi e i vestiti indirizzati ai bambini più poveri del paese. Leono La Rosa: Ex agente del SIE (servizio d’intelligenza dell’esercito peruviano) fu torturata e violentata dagli agenti di intelligenza di Fujimori per ottenere il suo silenzio, poiché era unae testimone chiave delle violazioni dei diritti umani e delle fosse comuni. Dopo le torture rimase gravemente invalida. Mariela Barretos: fu smembrata viva perchè testimone chiave nel caso Cantuta, in quanto aveva indicato dove ritrovare i corpi degli studenti uccisi. Questo nell’operazione “Tigre” del 1996, nata sotto il comando diretto di Montesinos per silenziare tutti gli agenti che volessero testimoniare. Tutto questo fu possibile anche grazie ad un’operazione mediatica che la Mafia Fujimontesinista fecero corrompendo i mass media più diffusi in Perù, soprattutto quelli di gossip e programmi spazzatura, i cosidetti media “CHICHA”, i più seguiti da una popolazione indotta all’ignoranza. In tutto questo periodo Keiko Fujimori fu sempre presente e addirittura prese il posto della madre come Prima Dama e non si è mai svincolata dal regime del padre. Ha usufruito dei soldi rubati dal padre e tutt’ora sostiene la richiesta di scarcerazione del padre e nega ogni accusa al regime fujimontesinista.QUI INFORMAZIONI SUI CRIMINI DEL REGIME FUJIMORISTA
Il dibattito politico è stato praticamente inesistente e la campagna elettorale è stata segnata da due grandi esclusioni che denotano il livello politico che si è raggiunto : due cantidati sono stati esclusi, Julio Guzmàn e Cesar Acuña .
Guzmàn per questione burocratiche ma accusa di essere stato tolto di mezzo dalla campagna elettorale perchè era il più prossimo concorrente di Keiko ; Acuña invece per l’infamante quanto provata accusa di aver pagato numerose persone con migliaia di dollari per garantirsi voti.
La candidatura di Keiko Fujimori significa non solo il tentativo di ritorno ad un passato di dittatura, morte, tagli ai salari, corruzione, controllo dei mezzi di comunicazione, di perversione della politica, ma significa anche che quel passato non si è mai estinto, continua ad esistere e vuole ritornare al potere, non solo mantenendo il modello neoliberale ma rendendolo più profondo con le pratiche che già misero in atto.
Contro questa disastrosa possibilità, in Perù numerose organizzazioni giovanili, culturali, universitarie e territoriali, sindacati di base, movimenti per i diritti umani in questi mesi hanno costruito una campagna che dica NO A KEIKO ! FUJIMORI MAI PIU’! FB: NO A KEIKO
Già nel 2011 Keiko aveva provato a candidarsi ed un movimento composito era sceso nelle strade rivendicando il rifiuto al fascismo Fujimorista. Quella volta Keiko perse le elezioni contra Ollanta Humala. Si spera che le mobilitazioni di questi mesi riescano a risvegliare le coscienze dei tanti peruviani assopiti da una retorica che prova a rinnegare i crimini commessi da quel regime e a mostrare le liberalizzazioni e il welfare assistenziale come la bandiera fujimorista.
A Milano il Comitato No a Keiko Milano lancia un presidio di solidarietà internazionale al movimento No a Keiko peruviano, per la giornata del 5 Aprile h 18.00 in Piazza San Babila.
Qui foto dell’iniziativa del Comitato No a Keiko Milano